giovedì 7 agosto 2014

Noi, il web ed Eleanor Rigby



26 luglio 2010
Leggevo un articolo sul Corriere di qualche tempo fa che parla di come soprattutto la generazione giovanile attorno ai 20 anni soffra di solitudine a causa di un uso eccessivo di PC e social network.
Secondo la tesi dello scritto, che rimanda ad uno studio inglese su questo argomento, le persone che sono sempre collegate in rete con i loro amici virtuali rischiano di restare ai margini della comunicazione reale con le persone in carne ed ossa proprio come  Eleanor Rigby , la donna che viveva in un suo mondo e che raccoglieva il riso da terra nella chiesa dopo le cerimonie di matrimonio, presa come esempio di vita in solitudine da Paul Mc Cartney nella stesura dell'omonima canzone dei Beatles. 
Non è una novità che ogni tanto compaiano studi e vengano lanciati allarmi sull'uso dei social network che di fatto, essendo un fenomeno nuovo,  viene osservato con un certa apprensione riguardo eventuali conseguenze sociali che potrebbero verificarsi. 
Dal mio punto di vista però la tesi è un po' forzata perché se da una parte è vero che trascorriamo troppo tempo davanti ad un monitor per interagire virtualmente con altre persone, dall'altra in questo modo abbiamo la possibilità di comunicare con decine di persone con le quali non potremmo fare diversamente.
Un altro vantaggio è che in mezzo a tante persone è più facile selezionare e decidere con chi avere dei rapporti e quali connotati questi debbano avere.
Questo modo di comunicare è indiscutibilmente più dinamico e selettivo. 
Condivido invece il fatto che il rapporto umano diretto sia più completo perché il dialogo sostenuto guardandosi negli occhi contiene molta più comunicazione ed è più ricco di significato. 
A maggior ragione quando incontriamo le nostre conoscenze reali davanti ad una tavola apparecchiata, si può parlare addirittura di frammenti di vita in comune oppure, ancora ad un livello più alto, quando si trascorrono delle giornate insieme, ad esempio in vacanza. 
Concludo il mio pensiero convinto che come in ogni cosa ci deve essere il giusto equilibrio.
In questo caso la comunicazione attraverso i social network riempie uno spazio che era stato lasciato vuoto, ma non può e non deve sostituire i rapporti umani diretti. 
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/10_maggio_25/generazione-rigby-beatles-ossessione-facebook-twitter_762b35ec-67f3-11df-b83f-00144f02aabe.shtml


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