lunedì 11 agosto 2014

In motoslitta





06 maggio 2011

Capitolo 07 di 13

La motoslitta era una BRP SKI-DOO da 550 cm cubi e 70 CV di potenza, eheh non male come potenza da scaricare sulla neve.

Sicuramente non avrebbe potuto fare le impennate visto che il motore bicilindrico erogava la potenza  su un lungo cingolo centrale.
L'equilibrio era comunque stabile perché due pattini (tipo sci) erano montati nella zona anteriore e sostituivano la ruota, in più, con il loro metro di distanza, avrebbero efficacemente contribuito a sorreggere gli oltre 200 chili a vuoto del veicolo.
L'apripista ci avviò i motori per mezzo dello starter a riavvolgimento , accendemmo le luci, attivammo il riscaldamento delle manopole e fummo così pronti per l'avventura.
Partimmo.
L'acceleratore a leva, anziché a manopola,  necessitò di pochi istanti per prendere confidenza, ma il cambio automatico mostrò da subito il proprio comfort  nella guida.
Il percorso si snodava per poche centinaia di metri sulla  riva destra del Kemijoki, poi raggiungemmo la confluenza con l' Ounasjoki e iniziammo a risalirlo.
Alla confluenza, il letto di questo fiume è largo parecchie centinaia di metri e naturalmente, data la stagione, era completamente ghiacciato e ricoperto dalla neve.
Lo attraversammo e raggiungemmo la riva sinistra.
Qui ci fu una prima sosta per verificare che la carovana non avesse nessun problema, con un occhio particolare ai bambini che erano i più esposti alle intemperie.
Il percorso era di 18 km all'andata e altrettanti al ritorno, le soste furono 4 o 5 e non ci furono problemi particolari se non il fatto che, a quelle temperature, qualche veicolo faticava a tenere il "minimo".
Quando mi si spense la slitta afferrai la fune dello starter, un tiro robusto e il motore ripartiva puntualmente.
Un po' di ginnastica supplementare era la benvenuta, serviva anche per sciogliere un po' i muscoli.
Lungo il percorso incrociammo altre motoslitte, ci salutammo come si usa anche quando si viaggia in motocicletta, rallentammo agli incroci tra le piste che erano segnalati con alcuni cartelli sul tipo di quelli stradali.
Il viaggio era inebriante, per la luce, per l'emozione, per il freddo, per il paesaggio che sembrava un deserto bianco a perdita d'occhio.
Il sole basso sull'orizzonte serviva più da stella polare per i naviganti che come fonte di calore.
In questo ambiente così vasto ti veniva da accelerare: 40, 50, 60, 65... no, troppo!
Le piccole cresposità del suolo diventavano subito ragguardevoli pur aumentando di poco la velocità e il manubrio diventava duro da controllare.
Una rallentata abbassando il gas e si tornava subito in sicurezza.
Dopo circa tre quarti d'ora intravvedemmo un filo di fumo sulla sponda opposta, era la destinazione d'arrivo.
Il freddo incominciava a impossessarci di noi e anche un po' la stanchezza causata dalla tensione per la guida, in più sapevamo che al ritorno avremmo dovuto percorrere la stessa strada probabilmente col buio visto che ora, a mezzogiorno, il sole era già sulla linea dell'orizzonte.
Ero indeciso se gioirne o dispiacermi, in qualsiasi caso ora ci attendeva qualche bevanda calda, molto calda e qualche biscotto, ma non solo!








Continua



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