mercoledì 13 agosto 2014

Bread & Spread

21 giugno 2012

Giusto un pensiero, non polemico, ma di constatazione.

Ogni tanto compaiono nuovi termini nel lessico generale, o comunque parole che esistono da tempo, ma che ad un certo punto della loro esistenza subiscono un lancio mediatico che funziona da risonanza e poi godono di popolarità estrema.
Se la parola è in lingua straniera e facile da pronunciare il successo è assicurato.
Spread è uno di questi termini, ma come abbiamo fatto a trascorrere gli anni passati senza occuparci quotidianamente dello spread?
Quali e quanti tramescamenti sono stati compiuti alle nostre spalle quando non eravamo a conoscenza dell'esistenza del vocabolo spread?
(Eheh, la teoria delle cospirazioni e dei complotti, a prescindere dalla veridicità delle affermazioni,  ha sempre un suo fascino e riscuote sempre attenzione per cui non fatevi ingannare dall'ultima domanda.)

Spread è diventata una parola così comune che anche Striscia La Notizia ha dato il nome Spread al suo cane mascotte  (ammetto che come nome per cane suona bene) e poi domani 22 giugno si giocherà la "partita dello spread", come è stato ribattezzato lo scontro calcistico Germania-Grecia per i quarti di finale di Euro 2012.

Lo spread in economia è un termine che esiste da sempre e nella sua accezione attuale primaria rappresenta il differenziale di rendimento tra due titoli equivalenti posti sul mercato.
In particolare ci si riferisce ai BTP italiani e ai Bund tedeschi a 10 anni di scadenza, mettendo in risalto la differenza percentuale di rendimento, talvolta espressa anche in "punti base, o basis points" che non sono altro che il tasso percentuale moltiplicato 100.
Con il termine spread (o meglio bid-ask spread), si indica anche la differenza tra il prezzo massimo che un compratore è disposto a pagare un determinato titolo e la quota minima che un venditore vuole incassare.
Sempre con il termine spread si può anche indicare quanto un titolo rende più o meno di un altro pur non essendo equivalente.
Ad esempio un CCT può avere un rendimento costituito da una parte variabile (tipicamente un BOT a 6 mesi) più uno spread (costante) dello 0,15% (o 15 punti base).

Prescindendo dai  tecnicismi, una cosa sulla quale non sono totalmente d'accordo è quando sento parlare dello spread come CAUSA del malessere economico italiano perché io lo ritengo un EFFETTO.
Penso che si tratti di un cane che si morde la coda perché, se da una parte è pur vero che alti interessi causano un maggiore esborso della Nazione per poterli pagare, ad esempio rispetto alla Germania o alla Svizzera, dall'altra tanto più una Nazione è produttiva, efficiente e funzionale, dà di sé un'immagine migliore e garantisce maggior stabilità economica.
Queste qualità la rendono più competitiva ed affidabile per cui chi acquista i suoi titoli è disposto a pagare un po' di più, quindi ad introitare meno interessi, in cambio di una maggiore stabilità monetaria e sicurezza di rimborso del Titolo.

Al di là di queste riflessioni che mi sono passate per la testa dopo aver ascoltato il quotidiano aggiornamento televisivo sullo spread, penso che questa sera cenerò non a base di "bread & spread" o "pane & differenziale", ma a tavola ci sarà una buona pastasciutta però, mentre sto scrivendo, mi è venuta un ‘idea geniale: non ho ancora sentito parlare di panini "bread & spread".
Anzi, a questo proposito invito i funzionari di Mc Donald's a farsi vivi, potremmo discutere sull'utilizzo dell'idea, anche se purtroppo non l'ho brevettata e sulla farcitura dei panini, eheh.
 



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