Jack
era confuso: non riusciva a capire dove fosse, si sentiva evanescente, cercò di
aprire gli occhi e vide solo nebbia intorno a sé, tutto era grigio scuro e non
distingueva alcun particolare.
Udiva solo il tichettio di un orologio, provò ad avvicinarsi alla fonte del suono.
D'un tratto nella penombra grigia apparve il quadrante sul lato al suo fianco, la lancetta dei secondi era ferma nonostante il tic tac provenisse da lì.
Istintivamente cercò di confrontare l'ora con il suo orologio da polso, ma inorridì perché non solo non lo indossava, ma il suo braccio era diventato trasparente.
L'ansia si insinuò nel profondo del cervello perché si accorse che poteva vedere attraverso il suo corpo come se fosse una medusa di profondità.
Nella coltre nebbiosa incominciò ad intravvedere delle ombre umane che, anche se erano ferme, sembrava stessero operando su qualcosa.
Le teste erano chine su un letto, immobili, sembrava di guardare una vecchia fotografia in bianco e nero un po' sfuocata, tentò di avvicinarsi, scrutò nel poco spazio libero e vide se stesso sdraiato.
Capì che le persone erano dei medici, immobili nella posa di chi sta tentando il tutto per tutto per salvare una vita.
Si rese conto di cosa significasse la morte: uno stato di esistenza fuori dal tempo.
L'unico legame con la vita era rimasto il tichettio di quell'orologio fermo, ne prese coscienza e pian piano la sua mente di scienziato incominciò a provare curiosità indagante verso quel nuovo modo di essere.
In un istante però le cose si complicarono: la visione progressivamente sbiancò fino ad abbagliare, ebbe un sussulto, provò del dolore e nel chiarore che lentamente diminuiva iniziò a distinguere i medici che, con movimenti affannati, si davano da fare per salvargli la vita.
Davanti a lui sulla parete, l'orologio che emetteva il suono posizionò le lancette in un'altra zona del quadrante, ma i secondi erano scanditi anche dal movimento di quella più lunga.
Capì che ce l'aveva fatta, era ritornato alla vita.
Udiva solo il tichettio di un orologio, provò ad avvicinarsi alla fonte del suono.
D'un tratto nella penombra grigia apparve il quadrante sul lato al suo fianco, la lancetta dei secondi era ferma nonostante il tic tac provenisse da lì.
Istintivamente cercò di confrontare l'ora con il suo orologio da polso, ma inorridì perché non solo non lo indossava, ma il suo braccio era diventato trasparente.
L'ansia si insinuò nel profondo del cervello perché si accorse che poteva vedere attraverso il suo corpo come se fosse una medusa di profondità.
Nella coltre nebbiosa incominciò ad intravvedere delle ombre umane che, anche se erano ferme, sembrava stessero operando su qualcosa.
Le teste erano chine su un letto, immobili, sembrava di guardare una vecchia fotografia in bianco e nero un po' sfuocata, tentò di avvicinarsi, scrutò nel poco spazio libero e vide se stesso sdraiato.
Capì che le persone erano dei medici, immobili nella posa di chi sta tentando il tutto per tutto per salvare una vita.
Si rese conto di cosa significasse la morte: uno stato di esistenza fuori dal tempo.
L'unico legame con la vita era rimasto il tichettio di quell'orologio fermo, ne prese coscienza e pian piano la sua mente di scienziato incominciò a provare curiosità indagante verso quel nuovo modo di essere.
In un istante però le cose si complicarono: la visione progressivamente sbiancò fino ad abbagliare, ebbe un sussulto, provò del dolore e nel chiarore che lentamente diminuiva iniziò a distinguere i medici che, con movimenti affannati, si davano da fare per salvargli la vita.
Davanti a lui sulla parete, l'orologio che emetteva il suono posizionò le lancette in un'altra zona del quadrante, ma i secondi erano scanditi anche dal movimento di quella più lunga.
Capì che ce l'aveva fatta, era ritornato alla vita.
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