giovedì 31 luglio 2014

Lago Tahoe 4



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24 febbraio 2010

#22


Il mattino successivo eravamo consapevoli che quello trascorso sarebbe stato l'ultimo giorno in quel luogo così piacevole e non eravamo ancora riusciti a visitare le famose Eagle Falls.
Nel frattempo ci eravamo documentati meglio ed avevamo saputo che si trovavano pochi chilometri a nord rispetto al luogo visitato il primo giorno.
Tracciammo un programma di massima della giornata che consisteva nel percorrere la sponda Ovest del Lago Tahoe fino al Truckee River per costeggiarlo un po' e guardarci intorno.
Saliti in macchina arrivammo presto al bivio che ci aveva condotto casualmente al Fallen Leaf Lake, ma questa volta prendemmo l'altra direzione.
Ben presto la strada incominciò a zigzagare e a salire e ci trovammo rapidamente nell'Emerald Bay State Park sede delle cascate, però proseguimmo sicuri del fatto che ci saremmo fermati al ritorno.
La strada continuava a salire e scendere costeggiando il lago che ci regalava degli scenari unici.
Vedemmo in lontananza alcune persone fare il bagno mentre altri praticavano il windsurf.
Provai un po' di invidia e mi capitò anche quando vidi una comitiva in sella a magnifici cavalli cavalcare lungo i sentieri che costeggiavano le sponde.
Poi arrivammo al Truckee River e lì ci rendemmo conto che ci sarebbero volute un paio di settimane solo per apprezzare per bene quei luoghi e viverli in modo ancora più attivo.
Il fiume non era molto largo e la corrente poteva essere veloce come quella di uno dei nostri fiumi di pianura nonostante i quasi 2000 metri di altitudine. Qua e là spuntavano delle rocce  dal fondo e l'acqua schiumava attorno.
Poi trovammo anche dei ragazzi che si divertivano a scendere con canoe e gommoni.
Stavano facendo rafting, ma in quel tratto non c'era pericolo e così lo sport poteva essere praticato da tutti.
Ci fermammo un po' a guardare e constatammo che alla fine del percorso il fiume si allargava creando un piccolo bacino di acque tranquille e lì, sulla riva, l'organizzazione preposta a questa attività riuniva a gruppi i partecipanti e poi per mezzo di auto e camion riportava gli sportivi a monte per far loro compiere la discesa del fiume.
Più tardi percorremmo la strada del ritorno e finalmente ci fermammo nel parco con le cascate che avevamo trovato all'andata.
Parcheggiammo l'auto e scendemmo come sempre con macchina fotografica e videocamera.
La zona era rocciosa ma non fu difficile percorrere i sentieri perché le rocce erano piatte e larghe.
Gli alberi, tutte conifere erano presenti senza essere d'intralcio al passaggio perché la vegetazione non era fitta.
Questo aiutò molto la vista del paesaggio che in quel punto mostrava una profonda insenatura del lago (Emerald Bay) e vicino a riva emergeva l'unica isola del lago (Fannette Island).
Le cascate erano formate da poca acqua che cadeva a piccoli salti nel lago sottostante una cinquantina di metri più sotto.
In qualche punto era anche possibile attraversarle a piedi saltando da una roccia all'altra e, dove formavano delle piccole pozze, era invitante sdraiarsi sulle rocce per berne dei sorsi.
Su alcuni sassi ogni tanto comparivano degli scoiattoli che guardavano gli umani senza permettere loro di avvicinarsi.
Verso monte un sentiero saliva sulla montagna vicina per arrivare chissà dove.
Da quella posizione vedemmo un battello turistico con la ruota poppiera (stile Mississippi) che percorreva l'insenatura e anche qui capimmo che avremmo dovuto avere a disposizione più giorni per provare anche questa emozione.
La passeggiata in questo parco però fu sufficientemente appagante per cui quando terminammo con molta calma la visita del luogo non fu traumatico pensare che l'indomani avremmo percorso il tragitto di circa 350 km che ci avrebbe condotto all'ultima destinazione della vacanza: Mendocino.









L'alba (Vicini a S. Valentino)

8 febbraio 2010

Marco aveva trascorso la notte in piedi in giro per la casa, era una cosa che gli capitava spesso quando faceva caldo.
Questa volta però era diverso: pensava a lei, a Enrica.
Certo non era la prima volta che la sua mente la raggiungeva, ma adesso era diverso perché non si erano mai incontrati seppur si conoscessero virtualmente da più di un anno e ora insieme avevano finalmente deciso che era giunto il momento di vedersi.
Marco si affacciò al balcone ed ammirava lo spettacolo di un'alba estiva carica di colori e che lui si immaginava anche portatrice di forte emozioni.
Ripensava a quante volte con Enrica aveva parlato del più e del meno; la conosceva bene ormai, ma sempre all'ombra del PC attraverso cui comunicava informazioni, idee e sentimenti con lei.
Per la testa gli si affollavano i ricordi di quante volte avevano fantasticato il loro primo incontro, ma dove?
In un bar, al ristorante o in una paninoteca, piuttosto che al cinema o semplicemente in strada; a lui sarebbe andato bene anche un luogo in capo al mondo purchè fosse solo con lei o comunque, anche se in mezzo alla gente, avrebbero potuto isolarsi.
Anche lei era della stessa idea e, poiché condividevano molte sensazioni, avevano deciso di celebrare il loro primo incontro all'aperto nel parco della città.
Sì era stata una buona idea, un'ottima scelta perché, seduti su qualche panchina o semplicemente nell'erba, avrebbero potuto parlare tra loro senza nessun disturbo.
La gente che camminava non li avrebbe notati, l'ombra prodotta dalla chioma delle piante li avrebbe protetti dal calore estivo del sole e mimetizzati se fosse scaturito qualche momento di tenera intimità.
Stare nel parco avrebbe potuto generare sì qualche complicità emotiva, ma l'ambiente li avrebbe tutelati anche da loro stessi perché non avrebbero potuto comunque andare più in là di qualche innocente contatto fisico.
Ecco, mentre Marco continuava a pensare a queste cose, il sole era sorto ed insieme alla notte aveva cancellato tutti i suoi dubbi e le sue incertezze; era giunta l'ora di vestirsi.
Un ultimo pensiero rivolto a Enrica lo rassicurava e contemporaneamente gli insinuava la domanda:" Chissà se anche lei aveva trascorso la notte in preda alle stesse emozioni o aveva dormito con tranquillità?"
Ora Marco camminava verso l'ingresso del parco prescelto con una certa sicurezza, la gente che incrociava e le coppie di persone sedute sulle panchine che si scambiavano emozioni lo facevano sorridere e compiacere insieme perché si era già immedesimato nella parte e già pensava che presto, insieme a Enrica, sarebbe stato parte di una di loro.
Poi d'un tratto vide in lontananza un'immagine che gli sembrava familiare: non conosceva Enrica se non attraverso la foto che lei gli aveva inviato con un MMS, ma riteneva che quella ragazza sola che si incamminava verso lui potesse essere Enrica.
A pochi metri di distanza entrambi si fermarono come per studiarsi per un attimo, poi si accesero due sorrisi sulle rispettive bocche.
Si erano riconosciuti, le gambe si mossero quasi involontariamente, i loro cuori pulsavano forte per sostenere il crescente carico di adrenalina, si avvicinarono, si guardarono intensamente negli occhi, le pupille dilatate brillavano, si sorrisero, si scambiarono un bacio e finalmente:"Ciao Enrica!" - "Ciao Marco!" toccandosi le mani.
Il grande giorno era incominciato!

Miniriflessione per una mininevicata



30 gennaio 2010

Ieri sera a Milano c'è stata una mininevicata, niente di strano visto che oltretutto ricorrono i giorni della merla.
L'aspetto positivo e un po' particolare della vicenda deriva dal fatto che si sono verificate solo situazioni positive.
L'anticiclone di origine russa che da molti giorni ristagnava anche sulla Pianura Padana aveva bloccato il ricambio dell'aria provocando la permanenza delle polveri nell'atmosfera.
Anche se è durato solo un paio d'ore, l'evento meteorologico ha ripulito l'aria ed essendosi verificato nelle ore serali non ha creato i consueti ingorghi stradali che puntualmente si verificano in queste circostanze.
Anche noi motociclisti invernali non siamo rimasti coinvolti da quel centimetro di neve caduta che non si è depositata sull'asfalto e che questa mattina ha regalato un magnifico scenario: un tappeto bianco sui prati, sui tetti e sui giardini che un pallido sole invernale ha reso sfavillante.
Saranno contenti anche i contadini perché un po' di neve sui campi non guasta mai, soprattutto nelle giornate di gelo visto che, come si dice, sotto la neve il pane.
Durante la giornata poi la neve si è sciolta da sola senza bisogno di macchine spargisale o spazzaneve.
Questa volta la meteorologia ha fatto tutto da sola e tutto bene, cos'altro si poteva chiedere ancora?




Mars Exploration Rover 1

25 gennaio 2010

# 1

Missione Marte - Il viaggio   
  
6 anni fa, precisamente il 4 ed il 25 gennaio del 2004, due sonde automatiche chiamate Mars Exploration Rover A e B raggiunsero il pianeta Marte dopo quasi 7 mesi di navigazione nello spazio.
Poiché sono interessato all'argomento e la documentazione giornalistica, televisiva e multimediale è tantissima, a volte generica ma spesso esaustiva nei dettagli al punto da essere comprensibile solo dagli addetti ai lavori, ho cercato di condensare la missione ricercando fra la miriade di informazioni che il sito web della NASA rilascia con lo scopo di descriverla in modo facile affinchè io per primo possa capire qualcosa nella lettura ed avere quindi una semplice ma efficace visione d'insieme.
La storia incomincia nel 2003  a Cape Canaveral in Florida quando  nel mese di giugno viene lanciato il vettore Delta II a tre stadi che trasporta il Rover A chiamato più confidenzialmente SPIRIT e quasi un mese dopo viene lanciato il veicolo gemello, il Rover B chiamato OPPORTUNITY.
Il missile è dello stesso tipo, ma il secondo lancio richiede un'energia maggiore per cui il secondo vettore viene potenziato.


La causa di questa differenza sta nel fatto che ogni 26 mesi circa la Terra si trova allineata fra il Sole e Marte  e così si apre una finestra temporale limitata che consente l'invio del missile usando la minor quantità di energia possibile sfruttando la velocità della Terra che ruota su se stessa ed intorno al Sole e la relativa vicinanza del nostro pianeta rispetto a Marte. L'ideale sarebbe quindi procedere al lancio contemporaneo dei due veicoli, ma questo non può essere fatto per motivi logistici, di rampe di lancio e di organizzazione.
La soluzione è perciò di inviare due vettori con differenti capacità di spinta.

I lanci avvengono regolarmente secondo una sequenza che prevede:

il decollo e la fase di spinta,
l'inserimento in un'orbita circolare terrestre di parcheggio,
la separazione della navicella dal razzo vettore, verifiche, controlli e test.
Nei 5 mesi successivi avviene la navigazione vera e propria, la traiettoria prevede l'inseguimento del pianeta Marte percorrendo milioni di chilometri durante i quali da Terra vengono eseguiti i test di controllo degli apparati e dei sistemi di bordo, si procede alla correzione della traiettoria con manovre opportune e ci si prepara all'avvicinamento del pianeta.
Seguiranno l'ingresso nell'atmosfera, la discesa e l'atterraggio.
L'avvicinamento incomincia 45 giorni prima della data prevista per l'atterraggio.
Gli scienziati regolano gli orologi e le attività programmate sul tempo di Marte il cui giorno non è di 24 ore come quello terrestre, ma dura quasi 40 minuti in più. La giornata marziana viene chiamata SOL.
Vengono effettuate continue misure sulla distanza tra la capsula ed il pianeta, sulla velocità e traiettoria.
Quest'ultima viene affinata per mezzo di 3 manovre.
Siamo quasi alla fine del viaggio, ma ora incominciano le fasi più delicate.
Un' interessante ricostruzione filmata fornita dalla NASA che potete trovare QUI intitolata efficacemente "6 minuti di terrore", racconta come avviene l'ingresso della sonda nell'atmosfera marziana, la discesa e l'atterraggio.
Si tratta di un filmato che permette di comprendere soprattutto visivamente cosa accade.
Il veicolo sta viaggiando a quasi 20.000 km/h, si tuffa nell'atmosfera marziana e lo scudo termico di protezione si arroventa a causa dell'attrito con essa.    
La parte esterna del cuscinetto di gas, sottoposto alla gigantesca pressione causata dalla velocità, raggiunge i 5000 - 6000 gradi, quasi come la superficie del Sole, mentre la temperatura superficiale dello scudo si limita a 1600 gradi.
Il contenuto della sonda è protetto da questo scudo termico e la velocità si riduce in fretta proprio a causa dell'attrito.
Dopo una trentina di secondi il veicolo viaggia ad una velocità di 1600 km/h che è circa il doppio della velocità del suono su Marte e a questo punto si apre un robustissimo paracadute che riduce ulteriormente l'andatura.
Alla velocità di circa 350km/h si stacca lo scudo termico  e si libera il contenuto della sonda che pur cadendo verso il suolo è trattenuto con delle funi lunghe alcuni metri.






Ora si forma così uno strano veicolo formato da un tetraedro nella parte più bassa che è vincolato a quello che resta della capsula per mezzo delle funi e sopra il paracadute.
Il perché di tutto questo è spiegabile in questo modo.
La densità atmosferica di Marte è minore all'1% di quella terrestre e il paracadute da solo non potrebbe rallentare il Mars Exploration Rover in modo sufficiente per garantire un atterraggio a bassa velocità.
Intanto il radar e l'altimetro di bordo monitorano continuamente la distanza dal suolo.
A circa 250 km/h di velocità la parte bassa tetraedrica del mezzo di trasporto gonfia dei giganteschi palloni che funzioneranno come degli airbag e contemporaneamente si accendono 3 retrorazzi collocati nel residuo della capsula.
Il loro orientamento parziale verso l'esterno e la distanza di sicurezza dal tetraedro che contiene i Rover non danneggiano gli airbag.
La velocità viene ridotta fino a zero a 10 - 15 metri dal suolo marziano e a questo punto viene sganciato il veicolo in caduta libera, che è protetto dai palloni e cade sufficientemente lontano dal resto dell'equipaggiamento.
L'impatto con il suolo avviene a circa 90 km/h e i ripetuti rimbalzi lo allontanano ulteriormente.
Una volta fermatosi e stabilizzatosi si sgonfiano i palloni.

CONTINUA

Lago Tahoe 3




13 gennaio 2010
 
#21

Rientrati così a South Lake Tahoe dopo una giornata trascorsa sul lago, a Carson  City e Reno l'idea era quella di riposarsi un po' per recuperare le forze, ma non si vive di aria per cui dopo una doccia energizzante e un momento di piccolo rilassamento abbiamo ripreso l'auto per cercare un luogo dove cenare.
Non è stato difficile incontrare un ristorante-pizzeria e anche questa è diventata una piccola esperienza di vita.
Chiunque di noi frequenta regolarmente questi locali e non c'è niente di speciale, ma là ci sono abitudini diverse per cui anche le cose quotidiane possono diventare qualcosa da raccontare.
Il luogo si presentava come uno chalet in legno e sassi ben illuminato.
All'esterno e appoggiata contro un muro c'era un vecchio "Maggiolino" azzurro della Volkswagen, era tagliata a metà nel senso della larghezza ed un cartello sul lunotto posteriore ricordava di non guidare dopo aver bevuto.
L'immagine era efficace perché strideva con l'ambiente per cui non poteva passare inosservata.
Una volta entrati ci accomodammo sulle panche di legno, poi una cameriera chiese le ordinazioni.
Mia figlia, visto che c'erano persino gli spaghetti al pomodoro "with meat ball" cioè "con una palla di carne" (eheh, immaginate spaghetti al pomodoro e salsa serviti con una polpetta in mezzo) non si fece sfuggire l'occasione, mentre io e mia moglie chiedemmo una pizza medium e una large.
Non c'era tantissima scelta di ingredienti come capita nei nostri locali, ma era necessario scegliere tra tre tipi di panificazione, cioè più o meno alta, e tra tre diverse dimensioni che erano espresse numericamente in pollici come indicato dalle teglie appese su una parete.
Una medium da 13 " corrisponde alla misura di 33 cm, circa il nostro standard.
Comunque non ci furono problemi e poco dopo arrivò tutto quanto richiesto e le pizze già tagliate a triangolo.
Mentre mia figlia mangiava gli spaghetti notai che due donne sulla settantina d'anni stavano osservando come lei maneggiasse la forchetta con gli spaghetti.
Per noi Italiani è normale arrotolare gli spaghetti, ma lì vedevo adulti e bambini cercare di portare alla bocca la pasta usando la forchetta come se fosse un cucchiaio, con l'impresa disperata e impossibile di non sporcarsi a meno che non si indossasse un lenzuolo.
I più divertenti erano i bambini che consci del "pericolo" si gettavano sul piatto con la bocca a pochi centimetri da esso per limitare i danni.
Ad un certo punto una delle due donne si rivolse a mia figlia chiedendole se fossimo Italiani e ad un suo assenso iniziò una conversazione durante la quale non capii tutto, ma intesi che qualche anno prima, quando il cambio era favorevole al dollaro, andarono in vacanza in Italia a Venezia e raccontarono con entusiasmo la loro esperienza.
Più tardi se ne andarono e noi terminammo la cena avanzando qualche triangolo di pizza.
La cameriera ci chiese se volevamo portarli via perché in tal caso ci avrebbe preparato un cartone per asportare il cibo.
Ringraziammo con un no, pagammo ed uscimmo per una piccola passeggiata digestiva.
Poco dopo, ripresa la macchina, ci incamminammo verso il nostro Hotel per concludere finalmente una giornata piacevole, stancante ma ricca di conoscenza.







Continua