mercoledì 17 dicembre 2014

A stomaco pieno si ragiona meglio

Inizio
# 12
Abbiamo appurato che per visitare tutta la Scozia nel modo in cui ci piace non basterebbero neppure un paio di mesi, pertanto daremo priorità ad alcune località rispetto ad altre.
Oltretutto è la prima volta che veniamo qui e ai primi posti nella lista dei desideri ci sono le terre alte del Nord Ovest, le Highlands.
Non vogliamo rischiare di tornare a Milano senza avere visto qualcosa di quelle parti, per cui decidiamo che all’indomani, dopo esserci riposati e in funzione della situazione meteorologica, prenderemo una decisione definitiva.

Apro un breve inciso ponendo una domanda: cos’è il turismo?

La risposta non è univoca, anzi ciascuno di noi può rispondere in modo diverso promuovendo meglio un argomento piuttosto che un altro.
A parte le priorità, penso che tutti concordiamo che turismo significa visita dei luoghi meta del viaggio, ma ciò non basta e, fra le tante risposte possibili, io aggiungo che vuol dire anche viverli, comprendere le abitudini delle persone ed il loro comportamento, confrontarsi con esse e adeguarsi, per quanto fattibile, alle tradizioni comportamentali e culinarie.
Chiudo la parentesi perché ho messo a fuoco i punti dove volevo arrivare.

Torno al racconto: nel frattempo eccoci di nuovo in piedi; meteorologicamente la giornata non è molto diversa da quella precedente, anche se un po’ meno grigia, però intanto ci rimettiamo a tavola per la colazione.
Nello specifico in questo momento siamo alloggiati in una casa privata in un luogo della campagna scozzese che quasi si fa fatica a trovare sulla carta geografica.
Non di meno, l’anziana donna che ci accoglie è visibilmente felice di ospitarci e siamo certi che non si tratta di un mero riscontro economico, ma gradisce il confronto ed è curiosa di sapere qualcosa di noi, da dove veniamo e dove andremo, ci chiede se ci è piaciuta la camera nella quale abbiamo soggiornato e soprattutto cosa desideriamo per colazione.
A mio modo di vedere le cose anche lei sta facendo turismo, pur stando ferma in casa sua.
Ci racconta qualcosa che sa dell’Italia, di Milano pur non essendoci mai venuta.
Una sua amica ci è stata ed è soddisfatta di potere esibire questa sua conoscenza che, non nego, ci dà una certa gratificazione.
Ci dice di essere appena stata operata ad una gamba e le fa piacere poter scambiare qualche parola con qualcuno che, di volta in volta, viene da chissà dove.
Mentre si è creata questa atmosfera di gemellaggio cultural-culinario, noi osserviamo la casa nel suo interno.
Anche il patio chiuso, dentro il quale noi sediamo ad un tavolo, è ben tenuto e arredato; non mancano i fiori alle finestre e la tavola è imbandita con tanto di tovaglia ricamata.




La colazione che sta per arrivare è tipicamente inglese e abbondante come si usa qui.
Quasi m’intristisco se penso che a casa, al mattino, faccio colazione con caffè e un paio di biscotti e, anche se non sono abituato a mangiare molto, sono sicuro che qui mi adeguerò mooolto in fretta.
Yoghurt, corn-flakes di vario tipo, marmellata (d’arancia) e confettura, pane da tostare, burro e frutta varia sono già serviti; non mancano neppure le prugne “per far sorridere la pancia” (come si dice in un noto spot pubblicitario) o per chi semplicemente le apprezza come me ;)
Fra le bevande ci sono tè o caffè, latte e succo di frutta e poi arriva il pezzo forte.
Il piatto contiene 1 uovo all’”occhio di bue” “fried egg” (per mia scelta, perché altrimenti ne servono 2, anche con altri tipi di cottura), pomodoro, funghi, salsicce e bacon.






Quasi lo gusto prima di assaggiare, poi, tra una forchettata ed una bevuta, pensiamo alla geografia della Scozia e decidiamo che trascureremo l’est e il Mare del Nord a vantaggio dei territori del nord-ovest, ma tentiamo ugualmente di visitare quel castello (Dunottar Castle) che il giorno prima era totalmente immerso nella nebbia.
Già ci stavamo ambientando in questa casa, alla cortesia e simpatia della proprietaria e alla sua cucina, ma non possiamo indugiare ancora, seppur con dispiacere; altra strada, altri luoghi e altre avventure ci aspettano, ma Banchory, quel piccolo paesino della campagna scozzese col suo pub-ristorante e soprattutto con l’alloggio che questa donna ci ha offerto, ci ha conquistato e anche lui ormai è diventato un po’ parte di noi.


lunedì 24 novembre 2014

Guidare a sinistra.

Inizio

# 11
A questo punto del racconto voglio aprire un capitolo sulla guida a sinistra perché immagino che molte persone non intraprendano una vacanza in auto in Gran Bretagna anche per questa ragione.

Vediamo quali sono, a mio giudizio, le difficoltà vere e false legate a questo problema.

Tenere la sinistra in genere non è un grosso problema, soprattutto se si seguono altre auto e ci si abitua abbastanza in fretta.

Sorpassare a destra, mettendo la freccia a destra e guardando nello specchietto di destra, non viene proprio naturale; in genere, soprattutto all’inizio, si deve pensare a quello che si sta facendo perché l'istinto dice al cervello che si sta compiendo un’azione anomala.

Se si compie questa manovra in autostrada la sensazione è abbastanza marginale, ma se percorriamo una tipica strada a due sensi di marcia ci vuole attenzione.

Un’altra difficoltà facilmente intuibile sono gli incroci e le rotatorie.

Le precedenze sono solitamente segnalate ma, per esempio, ad un incrocio a 90° a sinistra non viene naturale impegnarlo e mantenere la sinistra, figuriamoci quando svoltiamo a destra, cosa che comporta l’attraversamento della strada e l’inserimento sulla nuova corsia di sinistra.

In un attraversamento vale sempre la regola del “Look (at) right”, (guarda prima a destra e poi a sinistra) come spesso si trova scritto sull’asfalto anche prima di attraversare a piedi un passaggio pedonale, (tipicamente a Londra) per evitare di essere falciati dalle auto in transito.

Tutto ciò va contro l’istinto, acquisito da bambini e per noi così naturale, di attraversare le strade guardando prima a sinistra; di conseguenza, per non sbagliare, finisce che uno guarda più volte sia a destra che a sinistra, come dire “non si sa mai!” :-)

Un’altra nota dolente sono le rotonde che vanno impegnate in senso orario, dando la sensazione di imboccarle contromano.

Come da noi, la precedenza va a chi è già dentro, solo che in questo caso proviene da destra; l’uso degli indicatori di direzione è ribaltato: tipicamente si entra usando la freccia destra e si esce segnalando con quella di sinistra.

In buona sostanza è una grande idea mettersi dietro qualcuno, osservare e copiare quello che fa (sperando che sia inglese) :-)
Fin qui è tutto uguale, sia che si stia guidando la propria auto proveniente dall’Italia, sia che si abbia noleggiato una vettura sul posto, ma c’è differenza tra usare il proprio mezzo, che ha il volante a sinistra e un’auto inglese che ha la guida a destra.





La pedaliera è uguale, ma la mano da usare per i comandi del finestrino è la destra e non la sinistra e, soprattutto, quella del cambio è la sinistra.

Questa cosa sembra una sciocchezza, ma secondo me è una complicazione non indifferente che ho sperimentato più volte sulla mia pelle.

Faccio un esempio: viaggi in terza, entri in una rotonda, metti la seconda ed esci.

Da noi è “normale”; trascurando i movimenti dei piedi, gli indicatori di direzione e le precedenze per non complicare troppo il discorso, entri verso destra ruotando in senso antiorario, con la mano destra vai in folle, tiri la leva verso di te, la porti indietro inserendo la seconda ed esci dalla rotonda sterzando a destra.

Con un’auto inglese invece funziona così: entri verso SINISTRA ruotando in senso ORARIO, con la mano SINISTRA vai in folle, SPINGI la leva LONTANO da te, la porti indietro inserendo la seconda ed esci dalla rotonda sterzando a SINISTRA.

In una situazione di traffico, tutto ciò comporta qualche cambio marcia sbagliato, qualche “grattata” di ingranaggi, il rischio di precedenze scorrette e quindi una minor sicurezza momentanea, aggravata se poi si è distratti dalla ricerca della strada, dalla musica, da una sigaretta o dal GPS.

Personalmente ho risolto il problema del cambio guidando spesso con la mano sinistra sulla leva, specialmente in prossimità di una rotonda; questo comportamento, soprattutto quando si è soprapensiero, consente di non perdere tempo a cercare una leva inesistente usando la mano destra.

Un’ultima difficoltà che di solito non si trova indicata da nessuna parte riguarda la pendenza laterale.

Spesso le strade sono costruite a “schiena d’asino” e cioè sono leggermente in discesa verso la parte esterna.

Questa tecnica favorisce l’eliminazione laterale delle acque meteoriche evitando che si formino pericolose pozzanghere in mezzo alla strada.

Percorrendo un lungo rettilineo sulle nostre strade, l’auto devia leggermente verso destra costringendoci a delle impercettibili e inconsce compensazioni verso sinistra col volante; là succede il contrario: infatti mi è capitato più di una volta di avvicinarmi pericolosamente al marciapiedi o alla banchina stradale di sinistra.

Nonostante tutto ciò che ho detto, se proprio non siamo automobilisti negati, con un po’ di attenzione e di pratica, nessuno di questi ostacoli è insormontabile.

Dopo qualche decina di chilometri si è presa già una certa confidenza con la guida a sinistra e dopo qualche centinaio si guida in maniera istintiva.

E’ forse questa la fase più rischiosa, soprattutto in mancanza di altri veicoli di riferimento o in un momento di distrazione dovuto alla sicurezza appena ottenuta: durante una situazione di pericolo l’istinto ti porta a compiere manovre sbagliate perché acquisite da anni di esperienza sulle nostre strade e quindi consolidate.

continua

venerdì 17 ottobre 2014

Arata Isozaki

Arata Isozaki è un nome che ai non addetti ai lavori probabilmente non suggerisce molto, eppure anche in Italia ha raggiunto un grande livello di successo per i numerosi progetti costruttivi dei quali è artefice.

Sto parlando di un celebre architetto giapponese che a Milano è diventato particolarmente noto per via della Torre che porta il suo nome, ancora in fase di realizzazione da parte di CityLife.

CityLife è la società impegnata nella riqualificazione dell’area che, fino ad un recente passato, fu occupata dal polo urbano della Fiera di Milano.

255.000 mq iniziali nel cuore di Milano, poi ampliati a 360.000, che devono essere convertiti in un armonico mix di costruzioni, negozi, servizi, uffici, abitazioni, inseriti in un grande parco cittadino che avrà uno sviluppo complessivo di 170.000 mq.

La Torre Isozaki, progettata anche dall’architetto italiano Andrea Maffei, fa parte di una triade di alti edifici denominati appunto Tre Torri, (da cui il nome della fermata della linea M5 in fase di costruzione che transiterà anche da questa zona) che comprenderanno la Torre Hadid, soprannominata “Lo Storto” (170 metri per 43 piani), la Torre Libeskind, soprannominata “il Curvo” (165 metri per 30 piani) e la Torre Isozaki stessa , soprannominata “Il Dritto”.

Quest’ultima, con i suoi 50 piani e 207 metri dal piano strada, è l’edificio a tetto più alto in Italia.

Ho avuto l’opportunità di poter salire fin sul tetto ed è stata un’esperienza davvero unica, molto emozionante, coinvolgente ed istruttiva.

Anche se in  minima parte, permette di comprendere quanto lavoro, quanta professionalità e competenza, (dal progetto alla logistica, alla costruzione, alla sicurezza), quali sforzi debbano essere compiuti per portare a termine un edificio di questo tipo.

Nonostante una giornata non particolarmente brillante da un punto di vista meteorologico, l’ascesa al tetto mi ha permesso di ammirare il sottostante tessuto urbano di Milano, una città talvolta ferita nella propria antica identità e nella sua storia, ma che ha una gran voglia di rinascere, di svilupparsi, crescere e migliorarsi.

Le fotografie scattate da quassù illustrano una città densa di costruzioni, ma anche attenta ai propri giardini e al verde.

Il nuovo Centro Direzionale visto da qui esprime uno skyline mozzafiato che quasi mette in ombra il vecchio grattacielo “Pirellone”.

Poi, da un angolo inedito, si possono osservare le costruzioni del Duomo e del Castello Sforzesco col Parco Sempione e la sua torre Branca vicina alla Triennale e all’Arena Civica, l’Ippodromo San Siro Milano che si presenta come una gigantesca macchia verde, lo Stadio, l’antico velodromo Vigorelli, il nuovo complesso del Portello con l’annessa Fiera Milano City.

In ultimo, non per bellezza ma solo per ordine cronologico, si può ammirare la storica fontana “Le Quattro Stagioni” in piazza Giulio Cesare, restituita da CityLife alla città di Milano e inserita in un nuovo giardino che sono stati inaugurati  giusto due giorni fa, il 15 ottobre.





















 
Fonti:

mercoledì 10 settembre 2014

Itinerando per la Scozia




# 10 

Ci alziamo, neanche tanto di buon mattino, i bagagli sono pronti e mentre facciamo colazione discutiamo gli ultimi dettagli sul possibile itinerario da seguire: l’intenzione è di spostarsi verso nord, lungo la costa orientale.

Non avendo prenotato l’automobile, piuttosto che entrare in un’agenzia cittadina per il noleggio, decidiamo di andare all’aeroporto, un po’ per una maggiore probabilità di trovarla, ma anche per evitare il più possibile il traffico di Edimburgo, reso più difficile da gestire a causa della guida a sinistra.

Bagagli alla mano, usciamo dall’hotel dispiaciuti di lasciare qualcosa di certo per luoghi e situazioni nuove ed ignote, ma è una vacanza “fai da te”, senza agenzie, accompagnatori o organizzazioni che ti pianificano ogni cosa, h 24 comprese le soste per il bagno, ma è anche questo il bello: vivere sulla propria pelle tutte le situazioni che incontri.

In ogni caso abbiamo prenotato ancora questo hotel per l’ultima notte prima del rientro in Italia, almeno ci resta la certezza che torneremo qui fra qualche giorno.
Il mitico bus “air link n°100 Express” ci porta all’aeroporto e raggiungiamo gli uffici degli autonoleggi.

Al primo approccio una compagnia ci chiede la prenotazione ma, non avendola, ci dicono che non hanno disponibilità di auto per  un paio di giorni: incominciamo male.

Davanti ad una seconda compagnia, ci mettiamo in coda dietro due ragazzi italiani con i quali scambiamo qualche parola; anche loro sono senza prenotazione; poi, mentre parlano con gli impiegati del noleggio hanno qualche difficoltà di comprensione dei termini assicurativi e chiedono un nostro aiuto.

Naturalmente anche noi abbiamo dei vistosi limiti di lingua ma si sa, in 4 si comprende meglio che in 2.

Emerge che per quel giorno rimangono solo due automobili disponibili, due “500”, una bianca e una gialla.

I ragazzi molto cortesemente ci chiedono quale desideriamo, ma per noi è ininfluente, basta che ci sia un’auto.

Firmiamo i contratti, una stretta di mano, l’augurio di buone vacanze e poi dritti al parcheggio per la consegna dell’auto; a noi è stata assegnata la gialla, beh sicuramente è vistosa, non c’è pericolo di “perderla” :-) e sarà il nostro mezzo di trasporto per una settimana.



Apro istintivamente la portiera sinistra per mettermi alla guida ma “Ah già, il volante è sull’altro lato”.

Caricati i bagagli, metto in moto, provo luci e altre cose, sistemo il GPS che mi sono portato da casa poi, dopo qualche minuto, ci mettiamo in movimento.

Seguendo le indicazioni usciamo da quel labirinto che sono il parcheggio e le strade attorno all’aeroporto, finalmente raggiungiamo l’autostrada e puntiamo in direzione nord.

Con un ponte autostradale attraversiamo quella grande insenatura marina che è il fiordo del fiume Forth (Firth of Forth), abbastanza velocemente raggiungiamo la città di Perth, poi Dundee e Stoneheaven.

Qui ci portiamo a ridosso del mare perché sappiamo esserci il Castello “Dunottar”, ma siamo immersi nella nebbia con visibilità di 200-300 metri, anche volendo fermarsi, non si vede praticamente nulla.

Sembra strano trovare nebbie così fitte a giugno, ma siamo sul mare del Nord.

La sua l’acqua è poco profonda e l’aria fredda che proviene dal circolo polare s’incunea sopra questo bacino posto tra la Gran Bretagna e la penisola scandinava favorendo la scarsa visibilità.

Ciò nonostante proseguiamo verso nord raggiungendo Aberdeen.

Vediamo qualcosa della città, ma il tempo continua ad essere inclemente e temiamo che dovremo rivedere l’itinerario per non rischiare di trascorrere troppo tempo fra le nebbie.

Confidiamo nel giorno successivo per prendere una decisione definitiva, ma intanto constatiamo la difficoltà di trovare alloggi sulla costa.

La stanchezza e la tensione della guida a sinistra incominciano a farsi notare per cui rinunciamo alla costa e, carte geografiche alla mano, ci spostiamo nell’entroterra.

La nebbia si trasforma in nuvole basse, la visibilità migliora, ma il tempo è uggioso.

Questo non impedisce di apprezzare un primo scorcio di campagna scozzese, con i suoi prati, le sue colline… e le immancabili pecore.




Quel timore atavico di non riuscire a trovare un rifugio per la notte, aggravato dalla stanchezza, cerca di farsi strada nella mente, ma la razionalità e le carte stradali ci confermano che, anche se apparentemente siamo sperduti nel verde ingrigito dalle nuvole basse, fra poco raggiungeremo alcuni paesi.

Finalmente uno, Banchory; spalanchiamo gli occhi e poco dopo un cartello segnala la disponibilità di un alloggio con la classica scritta “B&B Vacancies”.

Una simpatica donna non più giovane ci mostra la nostra possibile stanza inserita in una casa molto ben tenuta e pulita.

Accettiamo e finalmente per questa sera ce l’abbiamo fatta, anche se con fatica.

Abbiamo percorso circa 250 km e, come primo giorno di guida a sinistra è andata fin troppo bene, nonostante il rischio di uno scontro frontale, anche se a bassa velocità, ad un incrocio cieco per colpa mia.

Incominciamo a temere che sarà una settimana non facile, ma pensiamo che a tavola le cose sembreranno più semplici.

Ci indicano un pub-ristorante nelle vicinanze, lo troviamo facilmente e poi fra un boccone e l’altro rimettiamo in discussione l’itinerario previsto costruendone uno alternativo.


 

Dallo Scott Monument a Calton Hill

Inizio

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29 luglio 2014


# 9

 


Quassù, in cima allo Scott Monument di Edimburgo, lo spazio disponibile non è molto ma, dopo avere osservato con gli occhi e documentato con la fotocamera tutto ciò che sta attorno, siamo soddisfatti di questa visita, perciò incominciamo la discesa.

Le prime rampe di scale fanno davvero paura e ci capita di dover indietreggiare più volte per scendere, poi finalmente giungiamo a terra.

Un attimo di sosta per riguardare dal basso il monumento quindi, pur con l'ombrello in mano, consultiamo la cartina per un nuovo percorso che ci condurrà in George Street.

Ho già descritto qualcosa di questa zona della città edificata in epoca georgiana, ma volevo aggiungere che la parte centrale della "New Town" si presenta come un rettangolo formato da 4 strade famose e parallele fra loro che fanno da cornice ad una quinta, situata al centro, intitolata appunto a Re Giorgio III°, Re di Gran Bretagna e d'Irlanda.

Come "ala" a George Street ci sono Rose St. e Thistle Street; non è certo un caso perché la Rosa è il fiore nazionale inglese ed il Thistle (ovvero il Cardo) è l'equivalente scozzese.

Sui lati più esterni poi troviamo la Queen St. a nord e la Princes St. a sud che abbiamo appena percorso.

Questo quartiere è insieme il salotto elegante ed informale di Edimburgo, il luogo dove è possibile trovare negozi delle griffe di moda o che espongono i principali marchi.

Qui la gente passeggia, s'incontra, compra e si rilassa ad esempio seduta ai tavolini dei vari pub o nei caffè.

Ora ci troviamo in George Street e troviamo facilmente l'Hard Rock Cafè che stavamo cercando.



Ci avevano richiesto l'acquisto delle famose magliette bianche con il logo e il nome della città in cui viene venduta, ma è anche l'occasione per sedersi un attimo e bere qualcosa dopo aver comprato anche qualche souvenir.


Finita la pausa si continua in direzione della vicina Calton Hill.

E' un altro dei colli di Edimburgo situato vicino al vulcano, con cui divide l'origine, un po' più basso e che racchiude in sé un giardino meno esteso dell'Holyrood Park, ma altrettanto bello da visitare.

Istituito nel 1724, è il primo parco pubblico di Edimburgo e dopo alcuni minuti di salita si raggiunge la sua cima.

Qui si trovano i monumenti che furono costruiti tra il 1760 e il 1820.

Si possono vedere l'Osservatorio cittadino, il National Monument (costruito ad immagine del Partenone di Atene), il Nelson Monument, ma soprattutto ci sono dei fantastici colpi d'occhio sul Vulcano, su tutto l'asse di Princes Street e sul vicino braccio di mare formato dal Firth of Forth.

Il luogo non è molto esteso, ma è un concentrato di bellezze umane e naturali.

La prospettiva ottica differente da quella del vicino Vulcano o dello Scott Monument restituisce delle immagini profondamente diverse degli stessi luoghi di Edimburgo che per un turista non è proprio il caso di perdere.
 




Intanto siamo verso la fine di un'altra giornata a Edimburgo, l'ultima disponibile escludendo il giorno finale prima del rientro in Italia che avverrà circa una settimana dopo.

Rientriamo nel nostro albergo un po' perplessi sul fatto di avere constatato che Edimburgo avrebbe meritato qualche giorno di visita in più ma, come ho detto all'inizio di questi capitoli, lo scopo principale è quello di vedere qualcosa della Scozia nel senso più ampio possibile e così, pur con una certa preoccupazione, decidiamo che domani andremo a noleggiare un'auto che ci porterà in giro per la Scozia.

Il percorso non è ancora ben deciso, variabili come le condizioni meteo, la guida a sinistra, il tempo da dedicare a un luogo piuttosto che un altro, la disponibilità di alloggi, pongono delle consistenti variabili sul viaggio, però siamo certi che solo la visita di Edimburgo ha già premiato lo sforzo di raggiungere la Scozia.

Lo spirito si fa avventuriero e, vada come vada, ne è già valsa la pena compiere questo viaggio; ci resta da sistemare i bagagli, andare a cena, studiare un po' la carta geografica e riposarci bene perché da domani è tutto incerto ad esclusione di quanto già vissuto, ma in ogni caso il riposo e la freschezza del mattino ci daranno nuova energia per continuare questa avventura.
 






Continua