venerdì 24 novembre 2017

Grand Canyon Skywalk



# 33


Se dovessi definire in due parole cos’è il Grand Canyon Skywalk direi che si tratta di una gigantesca opera di ingegneria umana sospesa su una delle più grandi opere della natura, costruita con il duplice scopo di sostentare economicamente gli Hualapai e di far conoscere al mondo le potenzialità del West Rim del Grand Canyon del Colorado.
Tuttavia non si può parlare dello Skywalk senza fare qualche accenno agli Hualapai.
Gli Hualapai sono uno dei tanti popoli nativi americani, tradizionalmente nomadi, che vivevano ad est del fiume Colorado fino a Flagstaff e occupavano un territorio di 20.000 km quadri.
Nel ‘800 furono decimati da continue guerre tribali e da malattie; i coloni bianchi occuparono progressivamente le terre in cui vivevano spingendoli verso nord in una riserva che fu costituita nel 1883.
Attualmente copre un territorio di 4.000 km quadri che si estende fino al bordo sud del canyon ed è identificata come la Nazione Hualapai.
Sempre alla ricerca di un equilibrio precario compreso tra la sopravvivenza in un territorio desertico e la volontà di mantenere la propria cultura e le tradizioni, gli Hualapai arrotondano i loro guadagni fin dagli anni ’50 esercitando attività come il rafting e il turismo sul West Rim.
Nel 1996 un imprenditore americano di Las Vegas di origini orientali, David Jin, si rende conto dell’enorme potenzialità turistica di quella zona; del resto proprio in quegli anni svolge la mansione di operatore turistico conducendo molti visitatori in quelle aree sperdute del Grand Canyon.
Jin propone agli Hualapai la costruzione di una nuova attrazione esposta sullo strapiombo del Canyon, con il pavimento in vetro, in modo che dia ai turisti la sensazione di volare sul precipizio e di vedere il panorama proprio come lo vedono le aquile durante il volo.
Il paragone non è casuale e infatti il luogo che viene proposto per la costruzione dell’opera è già conosciuto come “Eagle Point”.
Il nome, Punto dell’Aquila, proviene dal fatto che lì di fronte esiste un profilo roccioso che ricorda la figura di un’aquila in volo e per gli Hualapai questo sito è sacro perché credono che sia l’aquila a portare le loro preghiere a Dio.


All’interno della tribù si accende un intenso dibattito che contrappone da una parte coloro che propendono per la realizzazione dell’opera, consci del fatto che se funzionerà apporterà molti turisti e quindi del denaro indispensabile per la loro sopravvivenza futura e dall’altra i tradizionalisti che percepiscono l’ipotetica costruzione quasi come un oltraggio alla spiritualità del luogo e che non vedono di buon occhio un eventuale flusso incontrollato di “stranieri” nel loro territorio.
In aggiunta, vanno anche considerati l’impatto ambientale, perché il progetto deve integrarsi perfettamente con il luogo che lo ospiterebbe, la fattibilità costruttiva dell’opera, l’investimento economico e, non ultima, la logistica operativa.
Nel 2003 viene trovato un compromesso: il complesso sarà costruito nel rispetto totale delle tradizioni e senza alcuno stravolgimento ambientale; le discussioni arrivano alla conclusione e così parte il progetto.
Vengono fatti dei test alle pietre calcaree che dovranno sorreggere l’opera: confermano una resistenza alla compressione maggiore di quella di un normale calcestruzzo, ma sono anche presenti delle crepe verticali che partono dalla superficie con un andamento angolato verso l’esterno delle rocce e ciò sottopone il sito a rischio di caduta nel canyon sottostante.
Ad un centinaio di metri di distanza più a nord vengono eseguite nuove prove che stavolta evidenziano minori fenditure verticali, soprattutto angolate verso l’interno, che promuovono il luogo a base della struttura da erigere.
Il problema successivo da affrontare è la logistica.
Da qui la città più vicina è a 110 km di distanza, non ci sono né acqua né corrente elettrica; dovrà perciò essere trasportata ogni cosa, materiale da costruzione, gruppi elettrogeni, rifornimenti, viveri e tutto ciò che può servire in un cantiere, attraverso una strada sterrata esistente ma da adeguare, lunga 22 km.
Risolta anche questa difficoltà, il primo  ottobre 2004 gli Hualapai benedicono l’inizio del cantiere.
Poiché lo Skywalk sarà costruito direttamente sul luogo e non sarà ancorato all’esterno della roccia per motivi di sicurezza, si incomincia con le fondamenta.
Vengono preparati alcuni cassoni scavando nel terreno che saranno riempiti successivamente con cemento armato; inoltre ogni cassone contiene al suo interno dei micropali di acciaio da 6,5 cm di diametro profondi 14 metri.
A causa della durezza della roccia durante gli scavi si rompono molte punte diamantate, poi un buco per la fondazione incontra una frattura verticale che viene neutralizzata consolidando la roccia dall’esterno della parete del canyon con una griglia di tiranti fatti di tondini di acciaio.
Infine il tutto, cassone e micropali, viene annegato nel cemento armato insieme a due colonne d’acciaio per ogni cassone, queste diventeranno i punti di aggancio del telaio dello Skywalk.
Dopo 1 anno e mezzo di lavoro le fondamenta sono terminate e sono collaudate per un carico di 32000 tonnellate, molto al di sopra rispetto a quanto richiesto.










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