# 33
Se dovessi definire in due
parole cos’è il Grand Canyon Skywalk direi che si tratta di una gigantesca
opera di ingegneria umana sospesa su una delle più grandi opere della natura,
costruita con il duplice scopo di sostentare economicamente gli Hualapai e di
far conoscere al mondo le potenzialità del West Rim del Grand Canyon del
Colorado.
Tuttavia non si può parlare
dello Skywalk senza fare qualche accenno agli Hualapai.
Gli Hualapai sono uno dei
tanti popoli nativi americani, tradizionalmente nomadi, che vivevano ad est del
fiume Colorado fino a Flagstaff e occupavano un territorio di 20.000 km quadri.
Nel ‘800 furono decimati da
continue guerre tribali e da malattie; i coloni bianchi occuparono progressivamente
le terre in cui vivevano spingendoli verso nord in una riserva che fu costituita
nel 1883.
Attualmente copre un
territorio di 4.000 km quadri che si estende fino al bordo sud del canyon ed è
identificata come la Nazione Hualapai.
Sempre alla ricerca di un equilibrio
precario compreso tra la sopravvivenza in un territorio desertico e la volontà
di mantenere la propria cultura e le tradizioni, gli Hualapai arrotondano i
loro guadagni fin dagli anni ’50 esercitando attività come il rafting e il turismo
sul West Rim.
Nel 1996 un imprenditore
americano di Las Vegas di origini orientali, David Jin, si rende conto
dell’enorme potenzialità turistica di quella zona; del resto proprio in quegli
anni svolge la mansione di operatore turistico conducendo molti visitatori in
quelle aree sperdute del Grand Canyon.
Jin propone agli Hualapai la
costruzione di una nuova attrazione esposta sullo strapiombo del Canyon, con il
pavimento in vetro, in modo che dia ai turisti la sensazione di volare sul precipizio
e di vedere il panorama proprio come lo vedono le aquile durante il volo.
Il paragone non è casuale e
infatti il luogo che viene proposto per la costruzione dell’opera è già conosciuto
come “Eagle Point”.
Il nome, Punto dell’Aquila,
proviene dal fatto che lì di fronte esiste un profilo roccioso che ricorda la
figura di un’aquila in volo e per gli Hualapai questo sito è sacro perché
credono che sia l’aquila a portare le loro preghiere a Dio.
All’interno della tribù si
accende un intenso dibattito che contrappone da una parte coloro che propendono
per la realizzazione dell’opera, consci del fatto che se funzionerà apporterà
molti turisti e quindi del denaro indispensabile per la loro sopravvivenza
futura e dall’altra i tradizionalisti che percepiscono l’ipotetica costruzione
quasi come un oltraggio alla spiritualità del luogo e che non vedono di buon
occhio un eventuale flusso incontrollato di “stranieri” nel loro territorio.
In aggiunta, vanno anche
considerati l’impatto ambientale, perché il progetto deve integrarsi
perfettamente con il luogo che lo ospiterebbe, la fattibilità costruttiva dell’opera,
l’investimento economico e, non ultima, la logistica operativa.
Nel 2003 viene trovato un
compromesso: il complesso sarà costruito nel rispetto totale delle tradizioni e
senza alcuno stravolgimento ambientale; le discussioni arrivano alla
conclusione e così parte il progetto.
Vengono fatti dei test alle pietre
calcaree che dovranno sorreggere l’opera: confermano una resistenza alla
compressione maggiore di quella di un normale calcestruzzo, ma sono anche
presenti delle crepe verticali che partono dalla superficie con un andamento
angolato verso l’esterno delle rocce e ciò sottopone il sito a rischio di
caduta nel canyon sottostante.
Ad un centinaio di metri di
distanza più a nord vengono eseguite nuove prove che stavolta evidenziano
minori fenditure verticali, soprattutto angolate verso l’interno, che
promuovono il luogo a base della struttura da erigere.
Il problema successivo da
affrontare è la logistica.
Da qui la città più vicina è
a 110 km di distanza, non ci sono né acqua né corrente elettrica; dovrà perciò
essere trasportata ogni cosa, materiale da costruzione, gruppi elettrogeni,
rifornimenti, viveri e tutto ciò che può servire in un cantiere, attraverso una
strada sterrata esistente ma da adeguare, lunga 22 km.
Risolta anche questa
difficoltà, il primo ottobre 2004 gli
Hualapai benedicono l’inizio del cantiere.
Poiché lo Skywalk sarà
costruito direttamente sul luogo e non sarà ancorato all’esterno della roccia
per motivi di sicurezza, si incomincia con le fondamenta.
Vengono preparati alcuni
cassoni scavando nel terreno che saranno riempiti successivamente con cemento
armato; inoltre ogni cassone contiene al suo interno dei micropali di acciaio
da 6,5 cm di diametro profondi 14 metri.
A causa della durezza della
roccia durante gli scavi si rompono molte punte diamantate, poi un buco per la
fondazione incontra una frattura verticale che viene neutralizzata consolidando
la roccia dall’esterno della parete del canyon con una griglia di tiranti fatti
di tondini di acciaio.
Infine il tutto, cassone e
micropali, viene annegato nel cemento armato insieme a due colonne d’acciaio
per ogni cassone, queste diventeranno i punti di aggancio del telaio dello
Skywalk.
Dopo 1 anno e mezzo di lavoro
le fondamenta sono terminate e sono collaudate per un carico di 32000
tonnellate, molto al di sopra rispetto a quanto richiesto.
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