venerdì 28 luglio 2017

Paracadutismo ascensionale

A volte viene definito uno sport estremo, ma cosa c’è più di sicuro di essere agganciati ad un paracadute, percorrere una piccola corsa e alzarsi in aria partendo da terra grazie al traino di un motoscafo?
Credo che andare in bicicletta o in moto si corrano dei rischi maggiori eppure non è sempre così.
Leggevo lo scorso 13 luglio di un pensionato 71 enne australiano che ha provato per la prima volta approcciarsi con questo sport in Thailandia. Nel filmato si vede “l’istruttore” che lo veste con giubbotto salvagente e imbracatura, poi l’imbarcazione parte e i due, in pochi metri, si alzano dalla spiaggia verso il mare.
Non mi è chiaro se “l’istruttore” volesse salire anche lui, (così sembrerebbe dalle immagini) o se gli sia capitato suo malgrado.
Fatto sta che nel breve filmato si vede che i due uomini, sempre più in lontananza, salgono in alto molto in fretta.
Poi succede qualcosa, l”istruttore” sembra scavalcare l’imbracatura, per pochi istanti lo sportivo resta appeso malamente e infine precipita da una trentina di metri dentro l’acqua, ma forse su un basso fondale, trovando la morte.
Non è consolatorio sapere che “istruttore” e motoscafista siano stati arrestati né che si sia trattato di un errore nel fissaggio dell’imbracatura.
Certo è che cadere anche solo in acqua da una trentina di metri può essere mortale perché l’impatto avviene a più di 90 km/h e se non si cade più che in maniera perfetta, le conseguenze possono essere tragiche.
Ne sanno qualcosa i tuffatori estremi da scogliera, che pur allenati e capaci, raccontano che l’impatto con l’acqua da 27-30 metri non è mai piacevole.
Nella migliore delle ipotesi e cadendo nell’unico modo per non farsi male davvero cioè in piedi, assicurano che ti viene la sindrome del pinguino e cioè che quando esci dall’acqua i piedi ti fanno malissimo e quasi non cammini.
Se non entri in acqua perfettamente verticale è facile prendersi un violento colpo sotto al mento, figuriamoci con angoli anche leggermente diversi dalla posizione verticale.
L’articolo che ha raccontato l’episodio di quel bagnante australiano mi ha molto suggestionato perché mi ha fatto tornare a mente quella volta che, molti anni fa, provai anch’io l’esperienza del paracadutismo ascensionale, o parasailing.
Ero in vacanza in Corsica e mi divertiva l’idea di provare questo sport che ti permetteva di “volare” sul mare in tutta sicurezza a qualche decina di metri di altezza.
La preoccupazione più grande riguardava un eventuale sgancio della fune di traino ma, mi dicevo, su mai succedesse il paracadute mi accompagnerebbe dolcemente in acqua.
Così ruppi gli indugi e contattai il team del parapendio.
Mi chiesero se sapevo nuotare e mi dissero di stare tranquillo nonostante si stesse alzando un po’ il vento ed il mare cominciasse ad aumentare il moto ondoso.
Mi fecero indossare l’imbracatura e il giubbotto di salvataggio.
Legata al polso, posta fra il giubbotto ed il mio petto, fui autorizzato a tenere una piccola macchina fotografica subacquea che, se fossi riuscito, avrei estratto in volo per qualche foto ricordo.
Il motoscafo per il traino era in acqua e io sulla spiaggia; mi spiegarono che al momento del via io avrei dovuto cercare di resistere il più possibile alla forza di traino del motoscafo affinché la mia accelerazione, durante i pochi metri di spiaggia percorsi verso le onde, fosse massimizzata.
Questa la teoria, poi si passò alla pratica.
Mi fecero arretrare per tenere la fune in tensione il più possibile mentre due addetti tenevano il paracadute già aperto e gonfio.
L’istruttore, munito di walkie-talkie, comunicò l’ok allo scafista che diede i motori al massimo.
Cercai di resistere, ma fui subito strattonato in avanti e mi misi a correre.
Non percorsi più di 5 o 6 metri che già ero in aria e salivo veramente molto in fretta.
Dopo meno di un minuto la situazione era già ampiamente stabilizzata e così decisi di afferrare la mia macchina fotografica per uno scatto ricordo.
Non fu proprio un’operazione facile perché dovetti staccare una mano dal manubrio dell’imbracatura, naturalmente non correvo alcun rischio di cadere perché in quella situazione sei appeso al paracadute e la tenuta con le mani serve solo per essere stabili, poi dovetti estrarre la macchina fotografica e scattare una foto un po’ alla “bell’e meglio” senza riuscire troppo a guardare nel mirino.
La foto in questione è questa.




Tutto OK, mi stavo divertendo un casino, guardavo il motoscafo, piccolo laggiù, l’orizzonte, la spiaggia, insomma ne valeva davvero la pena.
Poi, come programmato, mi fecero scendere di quota rallentando il motoscafo.
Il  gioco prevede che ti facciano scendere lentamente fino a toccare l’acqua con le gambe mantenendo però il paracadute gonfio, poi, grazie ad una nuova forte accelerazione del motoscafo, ti risollevano e torni a volare.
Questa la teoria, ma la pratica andò un po’ diversamente.
Come dicevo, il motoscafo rallentò, raggiunsi lentamente il mare le cui onde, all’esterno dell’immediato profilo della costa, erano già abbastanza alte.
Le gambe si immersero, il bacino anche e ricordo che mi preoccupai, voltandomi, che il paracadute fosse ancora gonfio.
Ero in apprensione perché il motoscafo non si decideva a ripartire e l’acqua saliva.
Poi finalmente accelerò, ma ormai era tardi perché un’onda bagnò il paracadute che si afflosciò e così mi ritrovai completamente sott’acqua con i motori del motoscafo al massimo che mi strattonavano violentemente e mi impedivano di riemergere.
Questa situazione durò molti secondi, veramente interminabili, duranti i quali sentivo male in varie parti del corpo a causa dell’enorme resistenza all’acqua creata sul mio corpo dalla trazione del potente motoscafo.
Oltretutto, poiché l’aggancio dell’imbracatura alla fune di traino era all’altezza del petto, percepivo che durante il traino mi capovolgevo ruotando lateralmente.
Mi ricordo come fosse ora che pensai: ”Maurizio tieni il fiato più che puoi e non farti prendere dal panico perché si accorgeranno in fretta di quello che sta succedendo.”
Infatti così avvenne, sentii allentare la pressione dell’acqua ed emersi facilmente, stordito ma cosciente.
Sentii rumore di motori e vidi il mio motoscafo terminare di curvare e avvicinarsi per soccorrermi.
Alzai un braccio per far capire che ero cosciente e intanto vidi un altro motoscafo velocissimo che, seppur ancora lontano, si stava avvicinando a tutto gas puntandomi.
Ricordo che mi dissi: “ Accidenti sono ancora tutto intero, ora ci mancherebbe solo di essere travolto da questo.”
Pochi istanti dopo compresi che si trattava del guardiacoste che, avendo assistito da riva a quello che era successo, si era tempestivamente lanciato in un’operazione di soccorso, forse preallertato dal fatto che il mare in pochi minuti era diventato burrascoso.
Notai che erano tutti sollevati quando capirono che non avevo subìto conseguenze, fui aiutato a salire sul motoscafo, mi chiesero come stavo, se volevo andare all’ospedale.
Il mio scafista si scusò un sacco di volte e vidi che il guardiacoste lo ammonì.
Sbarcai a riva dove si era già formata una piccola folla.
Quando mi tolsero l’imbracatura mi spiegai il perché dei dolori.
Si stavano formando dei grossi ematomi alle ascelle e all’inguine che mi causarono postumi per il resto della vacanza, ma non m’impedirono di continuare il nostro giro in moto in Corsica.

http://video.corriere.it/pensionato-prova-parapendio-la-prima-volta-ma-l-avventura-finisce-tragedia/4dd05ffe-6797-11e7-b139-307c48369751

4 commenti:

  1. Parachute jump is the best adventure. I really enjoyed it You can try Paracadutismo with lancio paracadute.

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  2. Post fantastico La prima volta ero spaventato ma mi sono divertito. Ottieni un buono regalo paracadutismo e divertiti con il paracadutismo.

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  3. Non ho ancora questo tipo ascendente, ma lo provo sicuramente una volta. Mi piace sempre il Paracadutismo Savona

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