# 21
La macchina avanzava relativamente lenta rispetto al paesaggio esterno che apparentemente era immutabile.
Avevamo acceso l’autoradio e la musica ci aiutava a far trascorrere il tempo che sembrava persino rallentato.
Ad un tratto iniziò un nuovo brano: Si-, Fa#, La …
Mi fu sufficiente l’arpeggio di chitarra sui primi due accordi per riconoscere “Hotel California” degli Eagles.
“ Su un’autostrada buia e deserta …”, recitava la canzone e intanto incrociai le dita sperando di giungere al traguardo ben prima che facesse buio.
Non mi entusiasmava affatto l’idea che potesse capitare di trovarci in difficoltà, con l’auto guasta in autostrada, con lo scuro mentre stavamo attraversando il deserto del Mojave.
Al di là del testo, poi il mio pensiero si focalizzò sulla musica che mi sembrava la colonna sonora perfetta per questa parte di viaggio.
Il suo fraseggio musicale così ampio e ripetitivo, ma mai monotono, anzi ben articolato, si addiceva perfettamente alle caratteristiche della strada che stavamo percorrendo e del panorama che ci circondava.
Dopo qualche minuto, il superbo primo piano acustico di chitarra elettrica degli Eagles condusse la musica al termine e un po’ anche i miei pensieri più ansiosi, rassicurandomi sul fatto che non avremmo incontrato l’Hotel California.
Del resto tutto stava procedendo secondo i piani e il deserto attorno a noi non faceva poi così paura.
Visto dall’interno del veicolo, si presentava come una distesa di ghiaia e sabbia ricca di vegetazione diradata, principalmente sottoforma di arbusti bassi e talvolta rinsecchiti che permettevano una visuale di molti chilometri in ogni direzione, anche a causa del basso grado di umidità presente nell’aria.
(Quegli arbusti bassi che si vedono spesso anche nei film western, i Rotolacampo o Tumbleweed, sono quelli che, quando sono secchi e maturi, si staccano dalle radici e il vento fa rotolare in grande quantità, anche per chilometri, permettendo loro di rilasciare i semi durante il percorso.
In questo modo la pianta è in grado di riprodursi, ma il loro accumulo ed il transito veloce sulle strade causa seri problemi di traffico.)
Raramente qualche nuvola copriva momentaneamente il sole, l’aria bollente di tanto in tanto causava quelli che vengono chiamati i “Dust Devil”, ovvero dei polveroni di sabbia a sviluppo verticale che si sollevavano dal suolo roteando su se stessi, dei piccoli tornado che si formano a partire dal basso, solitamente innocui.
Più tardi un cartello indicò l’uscita per un ex centro di sorgenti minerali e ora Centro Studi del Deserto: era invisibile dalla strada e del resto anche il suo nome, Zzyzx, sembrava garantire l’anonimato e l’incognita, eheh (si fa fatica a credere che esista un posto con questo nome, eh? Provate a cercarlo!)
Un’altra cosa panoramicamente interessante fu vedere che, ad un certo punto e percorsa un’ampia curva, l’autostrada a doppia carreggiata scendeva a pendenza costante, non in modo ripido, ma progressivo lungo un percorso perfettamente dritto.
Al termine della discesa c’era un’interminabile salita.
D’istinto presi subito nota del chilometraggio e chiesi di scattare una foto.
La discesa sembrava non terminare mai al punto che mi veniva voglia di accelerare un po’ perché sembrava che fossimo fermi.
Raggiunto il fondo incrociammo la parte terminale di una vallata tanto ampia quanto arida: era l’estremità sud della Valle della Morte; un nome, un programma, però l’idea di una visita, anche se non approfondita mi stuzzicava parecchio.
Terminata la risalita ricontrollai il contachilometri: indicava che avevamo percorso oltre 12 miglia , circa 20 chilometri, in più di 10 minuti.
Non avevo mai percorso un rettilineo così lungo formato solo da una discesa ed una salita per di più a pendenza costante.
Il viaggio proseguì tranquillo finchè raggiungemmo il confine di stato tra California e Nevada in località Primm.
Nulla di che, ancora il deserto, un cartello di segnaletica e poi un paio di gigantesche costruzioni che dovevano essere hotel con casinò, (mi sembrava improbabile che qualcuno volesse alloggiare proprio lì) e un gigantesco ottovolante che circondava un albergo!
Veramente assurdo.
Intanto avevamo percorso più di 400 chilometri e la meta si avvicinava, la densità delle costruzioni aumentò e finalmente arrivammo.
Las Vegas sarebbe stata una meta importante di questo viaggio non solo per la visita della città, ma anche per vedere ciò che la circondava.
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