lunedì 26 ottobre 2015

Il Canale di Caledonia - 2



# 26

Oggi, come penultimo giorno di vacanza in Scozia abbiamo deciso di vedere qualcosa del Canale di Caledonia e per questa ragione facciamo una sosta a Fort Augustus.
La cittadina si trova all’estremo sud del Loch Ness e il transito su un ponte ci fa capire che stiamo attraversando questa grande opera.
Raggiungiamo a piedi le sponde del canale che sono strutturate per un facile percorso turistico costituito da scalinate che affiancano il sistema di cinque chiuse necessario per colmare il dislivello di 16 metri tra il Loch Oich e il Loch Ness.
Su un lato vediamo un accenno di arte topiaria: un’intelaiatura di metallo, bruttina perché in attesa che gli arbusti la ricoprano, ma simpatica, che rappresenta Nessie con un improbabile cucciolo.  


Ci chiediamo, sorridendo, se qualche volta Nessie non sia rimasto incastrato fra una chiusa e l’altra, ma sicuramente, se fosse esistito, non avrebbe potuto abbandonare il Loch Ness attraverso il Canale di Caledonia in modo inosservato perché troppo sorvegliato.
Infatti, mentre percorriamo la scalinata che costeggia le chiuse, vediamo un’imbarcazione privata che deve salire dal Loch Ness al Loch Oich e questo mi dà la possibilità di riscontrare il funzionamento del Canale.
Il principio in sé è semplice perché basato sui vasi comunicanti, ma il passaggio dalla teoria alla pratica evidenzia tutto il fascino del concetto.
La barca ha alle spalle una diga chiusa, una persona, addetta alla gestione della procedura, apre un cancello subacqueo che scarica a valle, neanche troppo lentamente, l’acqua della diga a monte.
In questo modo il livello dell’acqua sulla quale galleggia la barca si alza e contemporaneamente si abbassa quello nel bacino successivo.
Una volta raggiunto lo stesso livello viene aperta la diga e la barca viene trainata oltre lo sbarramento che, successivamente, viene chiuso e il procedimento continua.
Detto così sembra anche facile, in realtà, però, un’equipe di addetti lavora in sincrono per mantenere il livello dell’acqua di ogni sezione del sistema di chiuse ad un livello ottimale, affinchè l’imbarcazione possa salire o scendere a seconda dei casi.
Sicuramente la gestione operativa del sistema idrico è tutt’altro che scontata e ci vuole l’adeguata conoscenza ed una buona esperienza per gestire il flusso dell’acqua, considerato che l’operazione si svolge in circa 10 – 15 minuti per ogni passaggio.
E’ per me una buona occasione per documentare fotograficamente la procedura e mettere in risalto alcuni dettagli che diversamente andrebbero perduti.       










Successivamente raggiungiamo l’estremità più a monte del sistema di chiuse e da qui, con un teleobiettivo, è facile mettere in evidenza il dislivello tra i corsi d’acqua.              


Poi scendiamo e, prima di andarcene da Fort Augustus, vediamo un piccolo imbarcadero dove un battello turistico, con tanto di logo dedicato a Nessie, aspetta i turisti per imbarcarli alla volta di una crociera sul lago con lo scopo di una gita e forse anche con l’aspettativa di un qualche incontro ravvicinato col mostro, ma noi riprendiamo l’auto e ci spingiamo più a sud.              


Dedichiamo il tempo che ci rimane ad una visita di passaggio a qualcosa che potrebbe essere argomento di un eventuale viaggio successivo.
La strada ci conduce al Commando Memorial Monument, un’area con sculture in bronzo dedicate ai Commando inglesi della 2° guerra mondiale.
Questo posto è anche un buon punto di vista verso il Ben Nevis, (il monte più alto della Gran Bretagna) peccato però che le nuvole ne offuschino la cima.    




Dato che si trova nelle vicinanze decidiamo di raggiungerlo, ma al nostro arrivo la speranza di vedere anche la sua vetta viene delusa.
Un grande piazzale può accogliere tantissime auto in sosta e infatti arriviamo proprio dove partono gli impianti di risalita, ora chiusi, perché il Ben Nevis è anche una località turistica sciistica.
Continuiamo verso Fort William, la città terminale sud del Canale di Caledonia che si affaccia sull’oceano Atlantico.
Sappiamo che anche qui c’è un famoso sistema di chiuse che non cerchiamo perchè la città meriterebbe una visita più approfondita.
Ora però privilegiamo la strada che costeggia il Loch Linnhe, che è un fiordo dell’oceano stesso, sfioriamo Glencoe, ma poi dobbiamo tornare indietro convinti che ci vorrebbe almeno un’altra vacanza per continuare la visita della Scozia.
Un paio di ore più tardi siamo a Drumnadrochit dove ceniamo per l’ultima volta nel pub ristorante: domani ripartiremo per Edimburgo.



lunedì 12 ottobre 2015

Il Canale di Caledonia



# 25

Storia.

Alla fine del 1700, le imbarcazioni non avevano neppure pallidamente la stazza e la sicurezza delle navi attuali, certo esistevano vascelli e fregate pesanti anche 1000 – 5000 tonnellate, ma erano imbarcazioni di punta.
La maggior parte delle navi usate per scopi commerciali, o di guerra, aveva caratteristiche più contenute e con dei grossi limiti se dovevano affrontare le correnti marine o il mare aperto in tempesta.
Del resto la propulsione avveniva a vela, visto che il motore a scoppio non era stato ancora inventato.
Se fosse stato possibile mettere in comunicazione le coste scozzesi orientali con quelle occidentali senza circumnavigare il territorio lungo il lato nord, attraverso le acque pericolose di Cape Wrath e del Pentland Firth, (tornerò sia sul Pentland Firth che su Cape Wrath) il commercio e la macchina da guerra sarebbero stati più efficienti.
Sempre in questi anni era iniziata una dolorosa rivoluzione agricola (Highland Clearances) che stava trasformando l’agricoltura nelle highlands, fino a quel momento praticata da contadini affittuari su piccoli appezzamenti di terra, in più redditizi allevamenti di ovini.
I grandi proprietari terrieri di quel periodo cominciarono a recintare le loro proprietà e a sfrattare intere famiglie che vivevano in questi aree, facendo perdere loro casa e territorio.
Ciò fu una delle cause che portò alla povertà le popolazioni locali, in particolar modo quelle di cultura gaelica.
Questi due argomenti furono i motivi per i quali venne intrapreso uno studio per la realizzazione del Canale di Caledonia.
Da una parte, quindi, l’aspetto commerciale e bellico e dall’altra la creazione di grandi quantità di posti di lavoro di manovalanza per alleggerire la crisi lavorativa ed economica.
Nel 1803, a distanza di 30 anni dalla prima indagine di fattibilità, venne approvata l’esecuzione del progetto con fondi che si dimostrarono insufficienti alla realizzazione dell’opera.
Anche i tempi previsti inizialmente, 7 anni, si dilatarono nonostante il tentativo di ridurre i costi diminuendo un po’ la profondità del tracciato.
Nel 1822, con un ritardo di 12 anni sulla prima stima, il Canale di Caledonia fu aperto al traffico con un costo circa doppio di quanto preventivato.
Quello che non si poteva immaginare, fu che nel frattempo la tecnologia evolse al punto che vennero realizzate navi in ferro spinte da motori a vapore, più potenti e autonome, ma troppo grandi per navigarlo e che, dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo nel 1815, la Marina Reale non aveva più molte necessità di utilizzarlo.
In ogni caso non fu un’opera inutile perché nel tempo fu migliorato, reso un po’ più profondo e impiegato comunque per il trasporto commerciale, pur con i limiti delle sue dimensioni.
Dalla seconda metà del 1900 il Canale di Caledonia fu classificato come “Antico Monumento” ed è diventato un’attrazione turistica che attira centinaia di migliaia di turisti all’anno.

L’opera.

L’idea dei progettisti fu quella di mettere in comunicazione le città di Inverness e Fort William, rispettivamente sul Mare del Nord e sull’Oceano Atlantico, sfruttando quella linea naturale di faglia che attraversa la Scozia da nord-est a sud-ovest attraverso la Great Glen o Glen More.
La Great Glen è lunga un centinaio di chilometri e circa due terzi del suo percorso è costituito da laghi, il più alto dei quali, il loch Oich si trova a 32 metri s.l.m.
Anche se la sua altezza rispetto al mare non è grande, per realizzare il Canale di Caledonia fu necessario predisporre 29 chiuse lungo il percorso, piazzate in modo particolare dove la valle ha maggiore pendenza.
Si dovette considerare soprattutto la presenza di fiumi e torrenti che alimentano i vari laghi prima di sfociare nei due mari.
Proprio per questo motivo e per avere una profondità minima sufficiente, il Canale fu scavato fuori dall’alveo dei fiumi, seppure con un percorso parallelo, ma vennero comunque sfruttati i laghi per la navigazione.
Un’altra ragione per cui il suo circuito idrico è autonomo, pur provenendo l’acqua dai fiumi e dai laghi, è che, se il suo percorso avesse sostituito i fiumi, sarebbe stato impossibile controllare il deflusso delle acque e ciò avrebbe reso ingestibili anche le 29 dighe, talvolta situate a molti chilometri di distanza l’una dalle altre, vanificando quindi la funzione stessa dell’opera.
Bisognava quindi che il sistema di chiuse utilizzasse solo una quota parte delle acque fluviali disponibili e che l’eccedenza fosse scaricata in maniera naturale, permettendo anche alle specie ittiche di muoversi liberamente.