lunedì 13 aprile 2015

Una cartolina da Monte Penice

Nel giorno di Pasquetta c’è un classico italiano: la gita fuori porta.

Intesa come una boccata di aria fresca, fuori dalle città dopo l’inverno, è considerata la prima gita della stagione, utile anche per smaltire qualche colomba o uovo di cioccolato di troppo.

Proprio perché è un desiderio che accomuna tantissimi, è normale che ci si riversi sulle strade tutti insieme, soprattutto attorno alle grandi città, con ottime probabilità di trovare il traffico congestionato.

Questa volta, complice anche una giornata soleggiata ma fredda, non siamo sfuggiti alla tradizione neppure noi ma, anziché puntare verso i laghi e le Alpi, usciamo da Milano in direzione sud nel primo pomeriggio.

La destinazione non è fissata, si pensa a Pavia e all’oltrepò pavese, zone famose per i salumi e per i vini, ma non oggi che vuole essere solo una gita “digestiva”.

Il traffico non è estremo, si allunga il tragitto pensando “Forse potremo arrivare fino al Monte Penice” e così ci proviamo.

Si  trova al confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, ma è anche ad una manciata di chilometri dal Piemonte, dalla Liguria ed è tra le montagne più alte dell’Appennino ligure.

I panorami però incominciano già in pianura, dopo avere attraversato il Ticino ed il Po, sulla strada che da  Voghera sale lenta ma costante e dritta verso Rivanazzano e Salice Terme.

Guardando all’indietro si vede la pianura Padana sempre più in basso, anche se di poco, man mano si percorre la strada che sale a bassa pendenza sulle prime colline.

Il verde nuovo della vegetazione aggiunge ulteriore valore alla gita soprattutto se viene messo in risalto dal sole.

Passato Varzi la strada si fa un po’ più ripida e tortuosa e le colline dell’oltrepò, che qui su un lato confinano col Piemonte, danno il meglio di sé. 

La strada sale ancora e si arriva al passo del Penice che, tecnicamente, si trova in territorio emiliano.

A 1150 metri di altezza è sede di alcuni impianti sciistici e un cartello segnala che il luogo fa parte anche di una variante della via Francigena, percorsi storici che in antichità collegavano la Francia a Roma.

Questa strada però esisteva già precedentemente ed era usata dai Longobardi per muoversi da Pavia verso La Spezia e Roma.

Sempre qui sul passo si trova una statua di San Colombano, patrono dei motociclisti.

Il passo del Penice si trova in mezzo agli alberi per cui ci sono poche possibilità di spaziare verso ampi panorami, ma qualche centinaio di metri prima, una piccola strada che attraversa ripetutamente il confine Lombardia-Emilia sale  per pochi chilometri verso la vetta del monte.

La prima cosa che si nota sono le imponenti antenne poste all’interno del centro trasmittente di Rai Way e subito dopo, laterale alla strada, un lastricato dritto conduce alla cappella dedicata alla memoria dei Caduti per la Libertà Italiani e Alleati. 

Da qui, la vetta di Monte Penice è vicina e ben visibile, cerchiamo di raggiungerla, ma al penultimo tornante un imprevisto ci costringe a fermarci: la strada, nonostante sia il 6 di aprile, è bloccata da un bel cumulo di neve che, non solo non si è ancora sciolto, ma è stato integrato dalle nevicate dei giorni scorsi.

Parcheggiamo, ci guardiamo in faccia e pensiamo che non saranno certo gli ultimi 500 metri di strada a bloccarci perciò, visto che lo stanno facendo anche altri, proseguiamo sulla neve a piedi. 

Ho la poco brillante idea di “tagliare” un po’ la strada arrampicandomi direttamente su un prato innevato in forte pendenza.

Poche decine di metri dopo sono già quasi rantolante, però perché mi lamento? In fondo lo scopo era proprio quello di una gita “digestiva”.

In ogni caso arriviamo alla vetta dove, a 1460 metri, c’è il Santuario di Santa Maria.

Il cielo è estremamente terso e la vista dal terrazzino su cui sorge la costruzione è a 360 gradi.

Da ogni lato si guardi, il panorama assomiglia ad una cartolina.

In basso verso est si distingue la cittadina di Bobbio, caratterizzata fra l’altro da un ponte in pietra irregolare di origine romana che attraversa il fiume Trebbia, noto con il nome di Ponte del Diavolo, o ponte Gobbo.
A sud si vede l’Appennino ligure, a nord la pianura padana con vista fino alle Alpi e a ovest prati, boschi e giganteschi tralicci che servono alle trasmissioni radiotelevisive.

Infatti, proprio a causa della sua posizione geografica, Monte Penice è un noto centro di trasmissione dei segnali radiotelevisivi che da qui si irradiano su buona parte della pianura e, sempre per la stessa ragione, è un nodo di comunicazioni tra il nord ed il sud Italia.

La sua altezza fa sì che, quando il vento proviene da sud, l’aria umida del mar Ligure giunga fin qui carica di umidità e che in inverno si depositi e geli sui tralicci formando dei candelotti di ghiaccio, con forma orizzontale od obliqua, senza che si sciolgano anche per settimane.
Proprio mentre salivamo ci è capitato di sentire il suono di oggetti che cadevano dai tralicci facendo tintinnare il metallo, ma non era altro che ghiaccio che si stava sciogliendo al rialzo della temperatura.



















 

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