martedì 21 aprile 2015

La leggenda del Loch Ness




# 17 

Le origini.

E’ impossibile parlare del Loch Ness senza parlare di Nessie, il presunto mostro preistorico imparentato con i dinosauri che vivrebbe nelle profondità del lago e che, di tanto in tanto, sarebbe apparso a qualcuno; ma facciamo un passo indietro.

Non è ben chiaro da dove parta esattamente questa leggenda, forse dai ritrovamenti di antiche orme di dinosauri, anche se molto rare, rinvenute insieme ad ossa fossilizzate sull’isola di Skye, nell’ovest della Scozia, a poche decine di chilometri in linea d’aria dal Loch Ness.

Ai tempi dei dinosauri, considerati estintisi 65 milioni di anni fa a causa di un asteroide caduto nello Yucatan in Messico, la Scozia non occupava la posizione geografica attuale, ma faceva parte di un continente che comprendeva anche la Groenlandia ed il nord America, il Laurentia.

Circa 60 milioni di anni fa la formazione dell’Oceano Atlantico spaccò parte di questo continente spostando la Scozia fino alla posizione attuale.

Oggi basta aprire una carta geografica per vedere che questo territorio è tagliato in due da un profondo solco dritto in direzione nord-est  sud-ovest, la Glen More o Great Glen.

Si tratta di una linea di faglia che scorre lungo l’asse longitudinale della valle le cui pareti (le Highlands nordoccidentali da un lato e le Grampians Mountain dall’altro) sono ancora in lento movimento.

Nel tempo questo avvallamento si è riempito di acqua formando alcuni laghi con la loro caratteristica forma allungata (loch) fra cui il Loch Ness.

Secondo alcuni, per qualche ragione, i mostri e la loro genìa sarebbero rimasti intrappolati nelle acque dei laghi fino ad oggi, nonostante sia indiscutibilmente certo che, ripetutamente nel tempo e ancora 12.000 anni fa, tutto questo territorio fosse sepolto da una spessa coltre di ghiaccio che occupava anche tutto il Loch Ness, che da solo è profondo 240 metri e rendeva invivibile l’ambiente.

Gli avvistamenti.

Escludendo la descrizione del presunto avvistamento del mostro avvenuto intorno al 500 d.C. da parte dell’abate San Columba, le prime apparizioni recenti risalgono al 1917 quando due ragazzini, mentre pescavano su una barca, videro un animale con una gobba che emergeva dall’acqua e che si avvicinava alla loro barca.

Impauriti remarono velocemente verso riva e raccontarono la loro storia.

La notizia fece il giro del Regno Unito e rimase nella memoria della gente al punto che , quando venne costruita la strada costiera, molte persone giunsero sul lago sperando di avvistare il mostro.

Nel 1933 i coniugi Spicer, alla guida della loro vettura lungo la strada che costeggia il lago, schivarono di poco una creatura nera dal collo lungo con la forma di un dinosauro acquatico che si tuffò nelle acque del Loch Ness.

Nel 1934 un chirurgo di Londra, Robert Wilson, scattò addirittura una foto che lo ritraeva con il collo allungato fuori dall’acqua mentre nuotava, fu lo scatto che consacrò l’esistenza di Nessie per più di mezzo secolo fin quando venne definitivamente accertato che si trattava di un modellino giocattolo, probabilmente costruito per montare una burla sul presunto mostro e che invece, per dirla in termini attuali, divenne un falso fuori controllo con una diffusione “virale”.

Intanto la caccia a Nessie era aperta.

Il mostro fu battezzato con questo nome, declinato al femminile dal “partito” dei suoi sostenitori per dipingerla come una figura timida, schiva, fugace e innocua, contribuendo così a giustificare le rare apparizioni che ogni tanto venivano descritte.

Nel 1960 fu diffuso un filmato girato dall’ingegnere aeronautico Tim Dinsdale.

Gli scettici parlarono di truffa, ma addirittura la NASA certificò l’autenticità del film che, in ogni caso, non garantisce che quello che si vede, oltretutto in maniera poco chiara, sia  proprio il mostro acquatico cercato.

La caccia continuò nel tempo con sommergibili, barche dotate di sonar, subacquei ma, almeno fino ad ora, non è mai avvenuto un riscontro reale sull’esistenza dell’animale che non possa essere spiegato come oggetto galleggiante che si muove sul pelo dell’acqua, (un tronco) piuttosto che un grosso pesce affiorante, (uno storione, un pesce siluro ad esempio possono essere lunghi alcuni metri) o animali tipo castori o lontre.

La ricerca continua ma una cosa è sicura: pur fatte le debite proporzioni, Nessie sta a Loch Ness come Topolino sta a Disneyland.

E’ un business gigantesco e non c’è turista al mondo che, visitando la Scozia, non transiti almeno una volta dal Loch Ness, io stesso ne sono una prova. 


Riferimenti.

lunedì 13 aprile 2015

Una cartolina da Monte Penice

Nel giorno di Pasquetta c’è un classico italiano: la gita fuori porta.

Intesa come una boccata di aria fresca, fuori dalle città dopo l’inverno, è considerata la prima gita della stagione, utile anche per smaltire qualche colomba o uovo di cioccolato di troppo.

Proprio perché è un desiderio che accomuna tantissimi, è normale che ci si riversi sulle strade tutti insieme, soprattutto attorno alle grandi città, con ottime probabilità di trovare il traffico congestionato.

Questa volta, complice anche una giornata soleggiata ma fredda, non siamo sfuggiti alla tradizione neppure noi ma, anziché puntare verso i laghi e le Alpi, usciamo da Milano in direzione sud nel primo pomeriggio.

La destinazione non è fissata, si pensa a Pavia e all’oltrepò pavese, zone famose per i salumi e per i vini, ma non oggi che vuole essere solo una gita “digestiva”.

Il traffico non è estremo, si allunga il tragitto pensando “Forse potremo arrivare fino al Monte Penice” e così ci proviamo.

Si  trova al confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, ma è anche ad una manciata di chilometri dal Piemonte, dalla Liguria ed è tra le montagne più alte dell’Appennino ligure.

I panorami però incominciano già in pianura, dopo avere attraversato il Ticino ed il Po, sulla strada che da  Voghera sale lenta ma costante e dritta verso Rivanazzano e Salice Terme.

Guardando all’indietro si vede la pianura Padana sempre più in basso, anche se di poco, man mano si percorre la strada che sale a bassa pendenza sulle prime colline.

Il verde nuovo della vegetazione aggiunge ulteriore valore alla gita soprattutto se viene messo in risalto dal sole.

Passato Varzi la strada si fa un po’ più ripida e tortuosa e le colline dell’oltrepò, che qui su un lato confinano col Piemonte, danno il meglio di sé. 

La strada sale ancora e si arriva al passo del Penice che, tecnicamente, si trova in territorio emiliano.

A 1150 metri di altezza è sede di alcuni impianti sciistici e un cartello segnala che il luogo fa parte anche di una variante della via Francigena, percorsi storici che in antichità collegavano la Francia a Roma.

Questa strada però esisteva già precedentemente ed era usata dai Longobardi per muoversi da Pavia verso La Spezia e Roma.

Sempre qui sul passo si trova una statua di San Colombano, patrono dei motociclisti.

Il passo del Penice si trova in mezzo agli alberi per cui ci sono poche possibilità di spaziare verso ampi panorami, ma qualche centinaio di metri prima, una piccola strada che attraversa ripetutamente il confine Lombardia-Emilia sale  per pochi chilometri verso la vetta del monte.

La prima cosa che si nota sono le imponenti antenne poste all’interno del centro trasmittente di Rai Way e subito dopo, laterale alla strada, un lastricato dritto conduce alla cappella dedicata alla memoria dei Caduti per la Libertà Italiani e Alleati. 

Da qui, la vetta di Monte Penice è vicina e ben visibile, cerchiamo di raggiungerla, ma al penultimo tornante un imprevisto ci costringe a fermarci: la strada, nonostante sia il 6 di aprile, è bloccata da un bel cumulo di neve che, non solo non si è ancora sciolto, ma è stato integrato dalle nevicate dei giorni scorsi.

Parcheggiamo, ci guardiamo in faccia e pensiamo che non saranno certo gli ultimi 500 metri di strada a bloccarci perciò, visto che lo stanno facendo anche altri, proseguiamo sulla neve a piedi. 

Ho la poco brillante idea di “tagliare” un po’ la strada arrampicandomi direttamente su un prato innevato in forte pendenza.

Poche decine di metri dopo sono già quasi rantolante, però perché mi lamento? In fondo lo scopo era proprio quello di una gita “digestiva”.

In ogni caso arriviamo alla vetta dove, a 1460 metri, c’è il Santuario di Santa Maria.

Il cielo è estremamente terso e la vista dal terrazzino su cui sorge la costruzione è a 360 gradi.

Da ogni lato si guardi, il panorama assomiglia ad una cartolina.

In basso verso est si distingue la cittadina di Bobbio, caratterizzata fra l’altro da un ponte in pietra irregolare di origine romana che attraversa il fiume Trebbia, noto con il nome di Ponte del Diavolo, o ponte Gobbo.
A sud si vede l’Appennino ligure, a nord la pianura padana con vista fino alle Alpi e a ovest prati, boschi e giganteschi tralicci che servono alle trasmissioni radiotelevisive.

Infatti, proprio a causa della sua posizione geografica, Monte Penice è un noto centro di trasmissione dei segnali radiotelevisivi che da qui si irradiano su buona parte della pianura e, sempre per la stessa ragione, è un nodo di comunicazioni tra il nord ed il sud Italia.

La sua altezza fa sì che, quando il vento proviene da sud, l’aria umida del mar Ligure giunga fin qui carica di umidità e che in inverno si depositi e geli sui tralicci formando dei candelotti di ghiaccio, con forma orizzontale od obliqua, senza che si sciolgano anche per settimane.
Proprio mentre salivamo ci è capitato di sentire il suono di oggetti che cadevano dai tralicci facendo tintinnare il metallo, ma non era altro che ghiaccio che si stava sciogliendo al rialzo della temperatura.



















 

Approfondimenti:


mercoledì 1 aprile 2015

Google da NERD


Visto che oggi è il primo di aprile, avrei potuto intitolare questo post anche "Scherzi da googol".

In ogni caso qualche giorno fa guardavo alcuni doodle (scarabocchio) di Google e mi chiedevo se, a parte l’assonanza vocale, ci fosse qualche altro collegamento fra i due vocaboli e così, non avendo in quel momento niente di meglio da fare, ho incominciato a cercare.

Intanto con il termine Doodle si intende il logo di Google, quello che compare sulla pagina del motore di ricerca, modificato ad hoc in occasione di alcune giornate particolari, come qualche ricorrenza che abbia un certo interesse generale, nazionale o mondiale (Natale, 1° giorno di primavera, nascita di personaggi illustri, scoperte, invenzioni etc.)

L’altro termine, Google, ha una storia curiosa.

Nel 1998 i due fondatori della casa di Mountain View - California, Larry Page e Sergey Brin, cercavano un nome da dare all’azienda che facesse intuire facilmente la quantità esagerata di informazioni disponibili sul Web che i loro algoritmi avrebbero dovuto trattare al fine di far funzionare quello che stava diventando un ”motore di ricerca”.

La scelta cadde su un nome già esistente, “Googol” sennonché, al momento della registrazione della Società, sbagliarono la scrittura e riportarono il termine “Google”.

Quando il giorno successivo una loro collega li avvisò dello sbaglio, ormai la registrazione era avvenuta e perciò rimase il nome Google.

Googol è una parola che non conoscevo per cui, con pochi click del mouse, ne voglio sapere di più.

Sappiamo tutti che i numeri sono infiniti, ma infinito non è un numero.

Nel 1938 un americano, Edward Kasner, durante la stesura di un libro riguardante la matematica, successivamente pubblicato nel 1940, (Mathematics and the Imagination) volle introdurre l’esistenza di un numero esageratamente grande.

Quel numero doveva essere intero e “tondo” per cui prese 10 elevato alla 100ma potenza  (in pratica un numero che comincia con 1 seguito da 100 zeri) e volle assegnargli un nome.

Si fece aiutare dal nipotino di 9 anni che, con la semplicità di un bambino e con ottima capacità di sintesi, immaginò un nome che esprimesse contemporaneamente lo stupore e l’abbondanza di quel numero.

Lo chiamò “Googol”, pronunciato con due “u” proprio per sottolineare la grande quantità di zeri.

Ora, per avere un minimo di idea su cosa si riesca rappresentare con un valore di questo tipo, si può considerare che le stelle in una galassia sono nell’ordine di centinaia di miliardi (10^11) e altrettante si crede siano le galassie nell’Universo, quindi esisterebbero qualcosa come 10^22 stelle.

Ricordo che un mio vecchio libro di fisica stimasse che, sempre nell’Universo, esistessero complessivamente qualcosa come 10^80 atomi, quindi una quantità enormemente inferiore rispetto a 1 Googol (10^100).

Immaginato un numero, se ne può pensare uno ancora più grande, mooolto più grande.

Lo stesso Kasner battezzò un’entità numerica formata da 1 seguito da un Googol di zeri (10^ googol, oppure 10^10^100) col nome Googolplex, dove”plex” (plesso) ha un significato ”architettonico” (si pensi ad una piramide di 10 elevato a 10 elevato a 100).

Con un gioco di parole, non è casuale che “Googleplex” invece indichi il complesso costruttivo che comprende gli edifici dentro ai quali risiede Google.

Eppure oltre a queste curiosità numeriche sono state definite quantità enormemente più grandi: per esempio il Megistone o il numero di Graham, menzionato nel Guinness dei Primati del 1980.

Ho provato a leggere come calcolare quest’ultimo per rappresentarlo in forma grafica, ma mi sono dovuto già arrendere alla comprensione e alla visualizzazione mentale del primo livello. (vedi link Wikipedia)

No, non ce la posso fare, troooppo roba da NERD, dubito che ci riuscirebbe anche il mitico Sheldon Cooper di “The Big Bang Theory”… Bazinga  ^_^


Fonti: