lunedì 16 maggio 2016

La visita alla Hoover Dam




# 27

Intanto, mentre con l’auto percorriamo prima la highway 95 e poi la 93, ci lasciamo in fretta alle spalle Las Vegas, pur constatando che è molto espansa in ogni direzione e consideriamo che, più ancora che per l’energia elettrica, la città in buona parte dipende dai rifornimenti idrici che derivano dal bacino formato a monte dalla Hoover Dam.
Pochi decine di minuti dopo raggiungiamo Boulder City: non ha più nulla a che fare con quella cittadina fondata apposta per accogliere le maestranze occupate alla costruzione della diga, anzi, stupende villette, basse, ordinate, costruite sul declivio naturale che conduce al lago, la rendono un luogo residenziale molto accogliente anche per il suo scenario.






Attraversiamo alcune vie e vediamo prati coltivati ben tenuti davanti alle case, anche qui il deserto ha dovuto compiere un passo indietro per mano dell’uomo e del suo lavoro.
Sullo sfondo vediamo il lago Mead: questo è il nome del bacino creato dallo sbarramento della diga di Hoover sul fiume Colorado.
Si presenta molto allungato, vagamente a forma di Y, ha una superficie poco meno ampia del doppio del lago di Garda e, a causa di un profilo molto irregolare determinato dalle numerose vallate allagate, ha uno sviluppo costiero maggiore di 1.000 chilometri.
Oltre alle funzioni per le quali fu realizzato, ora è anche utilizzato come area ricreativa e luogo di vacanze, qualcosa di enorme, sicuramente all’altezza di un opera come la Hoover Dam.
Non trascorrono molti minuti quando la highway s’interrompe costringendoci ad un percorso tortuoso: è il segnale che stiamo arrivando alla diga. (Ricordo che il racconto si riferisce all’anno 2009, quando il bypass autostradale era ancora in costruzione)
I rallentamenti sono inevitabili, un po’ per la strada con molte curve che raggiungerà la diga, un po’ per il traffico e un po’ perché la Polizia, anche se con discrezione, dà un’occhiata alle auto in transito, senza fermarle, perchè la Hoover Dam è considerato un obiettivo a rischio dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 alle torri del World Trade Center di New York e al Pentagono.
La strada, che da queste parti unisce lo stato del Nevada con l’Arizona, in questo momento transita proprio sopra la diga che, oltre al resto, assume la funzione di ponte.
E’ facilmente intuibile cosa significherebbe un attentato qui.
Finalmente la raggiungiamo e inevitabilmente, come tutti, durante il transito rallento ulteriormente, sia per motivi di traffico, sia per dare una prima occhiata attorno, anche se non si vede molto.
Il suo attraversamento sancisce anche il nostro ingresso nel terzo stato che tocchiamo in questo viaggio: l’Arizona, facilmente soprannominato come il Grand Canyon State.
Parcheggiamo l’auto e scendiamo per andare a vedere questo luogo con i nostri occhi.
Basta aprire la portiera per far “sciogliere” un po’ del nostro entusiasmo: nonostante qualche nuvola, siamo attorno a mezzogiorno e l’aria è rovente; percorriamo all’indietro poche centinaia di metri attraversando la diga a piedi fino a raggiungere il palazzo della mostra, collocato nel territorio del Nevada, dove un termometro indica già 41 gradi.

  
Vediamo una scultura dedicati agli “high scalers” (operai scalatori di quota) e comincio a capire cosa abbia significato lavorare qui con martello, piccone, dinamite e cemento, soprattutto in fondo al canyon dove le temperature sono anche molto più alte.


Percorriamo il marciapiedi sul lato nord-est e abbiamo la vista del lago Mead, o almeno di quella piccola frazione che si scorge.
Si nota subito che, fino ad una certa altezza, le rocce che costituiscono le sue sponde sono bianche, segno che in questo momento le acque del lago sono più basse rispetto alla soglia del massimo livello.
In ogni caso, un po’ la stagione, un po’ la siccità, un po’ l’evaporazione, ma soprattutto il consumo d’acqua per le varie attività, (energia elettrica compresa) producono l’effetto che il fiume Colorado, come immissario, non sia sempre in grado di compensare quanto esce dal bacino.
Sempre su questo lato sono visibili le quattro torri che prelevano l’acqua e la conducono alle sottostanti turbine che generano la corrente elettrica.









Ora attraversiamo la strada e ci sporgiamo sul lato opposto, secondo me ancora più spettacolare.



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