venerdì 12 agosto 2016

Las Vegas - New York-New York



# 30

Le cosiddette cene di lavoro non sono necessariamente un escamotage per mangiare, bere e basta.
Da sempre si sa che a tavola si risolvono mille problemi semplicemente perché, dopo aver mangiato, si è più rilassati, più ottimisti e quindi più concilianti.
Nel nostro caso, dopo avere trascorso una giornata tra la Hoover Dam ed il fiume Colorado a Willow Beach, a tavola abbiamo preso la decisione sul discorso del Grand Canyon che avevamo lasciato in sospeso.
Sarà a causa dell’entusiasmo di avere vissuto una giornata forse irripetibile, ma ci siamo convinti che percorrere i 250+250 chilometri di strada da Las Vegas al Grand Canyon West siano un’esperienza da provare.
Non sappiamo se l’avventura andrà a buon fine ma, in ogni caso, acquisiremo conoscenza utile per un’altra volta.
Cenare è stato utile anche per stare seduti al fresco dopo una giornata trascorsa con un caldo estenuante, così quando usciamo non abbiamo voglia di rintanarci subito in albergo, per cui c’incamminiamo lungo la Strip.
Las Vegas di sera è qualcosa di veramente magico, le insegne degli alberghi, delle pubblicità, delle attrazioni ti abbagliano letteralmente, sia negli occhi che nella mente.
Un brulicare di persone di tutte le età, lungo i marciapiedi della Strip, che sembrano essere uscite dalle loro tane come gli animali notturni che di notte vanno a caccia, ma constatiamo che ci sono anche molte famiglie che semplicemente trascorrono qui le loro vacanze.
In ogni caso, qualsiasi sia il motivo del tuo soggiorno a Las Vegas, passeggiare lungo la Strip è entusiasmante e una cosa che tutte le famiglie fanno è entrare nei numerosi alberghi a tema, dentro ai quali puoi accedere liberamente anche se alloggi da un’altra parte.
Ciascuno ha la propria caratteristica, le proprie luci, l’architettura, gli sfarzi, i bar, i locali dove si danno spettacoli e l’immancabile sala giochi.
Davanti a noi in questo momento c’è il New York-New York.
Posto all’altezza di Tropicana Avenue, l’hotel, con più di 2000 camere, riproduce lo skyline di Manhattan.
Il complesso è formato da una dozzina di grattacieli colorati fra cui uno che rappresenta l’Empire State Building e all’ingresso si trova la riproduzione del Grand Central Terminal, la famosa stazione ferroviaria terminale di Manhattan.








Non manca la riproduzione della statua della Libertà: è alta 46 metri, circa in scala 1:2 rispetto all’originale.
Dalla strip si accede al casinò attraverso la riproduzione del ponte di Brooklyn, realizzato in scala 1:5 e poi troviamo una piscina, che rappresenta la baia, dentro la quale è immersa un’imbarcazione dei Vigili del Fuoco newyorkesi con tanto di cannoni spara-acqua attivi.
Ad incorniciare tutto ciò ci sono delle montagne russe (il Roller Coaster), alte 60 metri con un dislivello di 43, che lanciano i convogli in picchiata a 105 km/h.
Nell’interno invece ci sono beauty-farm, piscina, negozi per lo shopping, bar, ristoranti, casinò da 7800 metri quadrati, più un parco da 1800 slot machine.
Se tutto questo non basta e si cercano emozioni più goderecce, per gli adulti c’è lo spettacolo “Zumanity”, uno show-cabaret imperniato sull’esplorazione della sessualità umana realizzato da “Cirque du Soleil”: un mix tra ballo, sensualità e abilità acrobatiche.










Tutto questo insieme è il New York-New York; visto di sera è abbagliante per le sue luci e per gli stimoli che sa offrire, ma anche di giorno è possibile apprezzarlo, soprattutto dall’esterno, per le sue caratteristiche architettoniche così particolareggiate e fedeli il più possibile alle proporzioni e ai dettagli delle costruzioni originali che riproducono.
Una visita seppur limitata a questo complesso alberghiero è sufficiente a farti capire perchè Las Vegas ha così tanto successo nel mondo e sebbene il New York-New York sia tra i complessi alberghieri più rappresentativi di questa città, ce ne sono altri allo stesso livello, o ancora di più.
E poi ancora, qui si esagera davvero!



venerdì 15 luglio 2016

Willow Beach



# 29

Raggiungiamo la macchina, la metto in moto attivando immediatamente l’aria condizionata perchè siamo nelle prime ore del pomeriggio e la temperatura esterna continua a salire.
Abbiamo ancora molte ore di luce e così apriamo la carta geografica per capire dove avventurarci.
I luoghi non mancano, ma poiché non sono tutti nelle vicinanze, necessiterebbero più di una frazione di pomeriggio per una loro visita.
Per dirla tutta avremmo voluto dedicare un giorno anche al Grand Canyon del Colorado ma, carta alla mano, avevamo già visto prima di partire che il Grand Canyon Village, situato sul South Rim, probabilmente il luogo più frequentato e comodo da raggiungere, dista 450 chilometri da Las Vegas, insomma un altro viaggio.
Mi ero informato e avevo letto che giusto un paio di anni prima era stata aperta una grande opera, con vista sul Grand Canyon, in una zona molto più a ovest del South Rim, quindi più facilmente raggiungibile da Las Vegas.
L’avevo anche cercata con Google Maps e pur trovandola, addirittura servita da un piccolo aeroporto, la strada che la raggiungeva era considerata al rango di una mulattiera che percorre ampi territori desertici e Street View neppure la mostrava.
Avevamo quindi accantonato l’idea di una visita al Grand Canyon a causa della distanza, per la mancanza di informazioni sicure, per gli eventuali rischi derivanti da percorsi fuori-strada in territori poco frequentati e arroventati dal caldo e poi perché questo viaggio era già particolarmente ricco di località da visitare.
Avevamo concluso che sarebbe stata opportuna una visita preliminare dei posti limitrofi, un sopralluogo che ci avrebbe consentito di fare esperienza, utile per una volta successiva.
Mentre maneggio la carta geografica, stando seduto nell’auto, ricordo che la prima parte di strada che raggiungeva questa nuova località transitava proprio sulla Highway 93, quella che stavamo percorrendo anche durante l’attraversamento della Hoover Dam e che poi prosegue verso sud.
La visita della diga e la vista del Black Canyon, col sottostante fiume Colorado, riaccendono questi particolari della pianificazione del viaggio fatta a casa e poi, considerato il caldo, la nostra presenza in questa zona e il desiderio di toccare almeno con le mani e coi piedi il fiume, decidiamo di proseguire per qualche chilometro a sud, almeno fino al primo centro abitato sul fiume: Willow Beach.
Lungo la strada non troviamo nessuna indicazione che riguarda il Grand Canyon, ma finalmente raggiungiamo il paesino dopo avere abbandonato la highway e percorso un paio di chilometri senza anima viva in territorio desertico.
In realtà chiamarlo paesino è esagerato: qualche casa situata anche lontano dalla strada principale  e poi un porticciolo sul fiume.
Il parcheggio dove fermiamo l’auto è molto ampio ma deserto, segno che, nonostante le apparenze, questo luogo conosce dei momenti di gloria e di vita.
Scendiamo, fa molto più caldo di prima e c’incamminiamo verso uno scivolo di cemento costruito per mettere in acqua i gommoni e le piccole imbarcazioni.
Scalzi, immergiamo i piedi e parte delle gambe nel Colorado e restiamo un po’ stupiti dal fatto che ci aspettavamo di essere bagnati da acqua molto più calda.
Verremo a sapere successivamente che qui il fiume può misurare fino a 20 gradi di temperatura in meno rispetto all’acqua superficiale del lago Mead, a causa del fatto che le turbine elettriche, per funzionare, prelevano acqua vicino al fondo del lago e quindi è molto più fredda che in superficie; la stessa acqua che poi scorre qui senza avere avuto il tempo di scaldarsi.
Il fiume è maestoso, non è fangoso ma blu, proprio perché i sedimenti si depositano nel vicino bacino lacuale e fa impressione notare che le sue rive sono desertiche.
L’unica vegetazione presente è costituita da palme, piante grasse e spinose in genere, fra cui i saguari, un particolare tipo di cactus dalla crescita molto lenta.
E’ curioso notare che il saguaro può compiere la prima ramificazione dopo decenni, ma può raggiungere i 20 metri di altezza e superare i 150 anni di età.
Per addentrarci meglio nel fiume percorriamo un pontile dove sono ormeggiati alcuni motoscafi  e piccole imbarcazioni ad uso turistico, poi vediamo un grosso negozio ed entriamo, sicuri che almeno lì l’ambiente sarà condizionato.
Mangiamo qualcosa, qualche piccolo acquisto e intanto chiedo al gestore, di chiare origini indiane come quasi tutte le persone che vedo, se da queste parti è possibile raggiungere questa nuova località che si affaccia sul Grand Canyon.
Non capisco perfettamente quello che mi dice, ma afferro che, avanti ancora per un certo numero di chilometri lungo l’autostrada 93, dovrebbe esserci una deviazione che conduce proprio là.
Chiedo se la strada è praticabile da una vettura qualsiasi e mi risponde che la via è percorribile da qualunque tipo di auto perché è asfaltata, ad eccezione di qualche chilometro e poi la località disterebbe da qui un po’ meno di 100 miglia.
Siamo parzialmente soddisfatti delle indicazioni perché queste stuzzicano la nostra curiosità, ma i dubbi non sono dissipati completamente e, facendo un piccolo calcolo, significa che questo luogo per visitare il Grand Canyon dista circa 250 chilometri da Las Vegas.
Rimandiamo eventuali decisioni ad altri momenti, ora siamo un po’ stanchi, dobbiamo rientrare e poi stasera, se ne avremo la forza, gireremo un po’ a piedi per Las Vegas.




















lunedì 6 giugno 2016

La visita alla Hoover Dam - 2



# 28

…Da qui si vede il fiume Colorado le cui acque blu scorrono in fondo fra le pareti del Black Canyon, quindi mi affaccio meglio e noto che i circa 200 metri di altezza, che mi separano dal fiume, fanno un po’ meno paura di quanto immaginassi a causa delle pareti non proprio verticali della diga e poi anche perché le mie mani sono ben salde sul parapetto; lo spettacolo ad ogni modo è da mozzafiato.
Sul fondo della diga si vedono gli edifici della centrale elettrica che sorgono uno per ciascuna sponda ed il turbinio del fiume lascia intuire quanta acqua stia facendo funzionare i giganteschi generatori elettrici.
Mi vengono un po’ di vertigini  quando sposto gli occhi dal fondo del canyon verso l’alto: due cantieri edili, situati su ciascuno dei due semiarchi in costruzione e trattenuti alle pareti di roccia con degli stralli provvisori, sono prossimi a congiungere le due sezioni.
Questo sarà l’arco portante che sorreggerà la futura autostrada, (il bypass) i cui estremi sono già visibili a bordo canyon e che transiterà a 270 metri sopra il fiume.
Disposti ad una distanza di circa 300 metri dalla mia posizione e 50 più in alto sono uno spettacolo nello spettacolo.








Quando il ponte autostradale sarà aperto (ottobre 2010) il traffico sarà agevolato e si ridurrà anche il rischio di attentati sulla diga, fermo restando la possibilità di visitarla.
Mentre torniamo sul versante est, dove abbiamo parcheggiato l’auto, quello che si trova in Arizona, camminiamo su un altro ponte che sovrasta un manufatto che appartiene anch’esso alla costruzione della Hoover Dam: lo sfioratore (spillway).
Collocato a qualche metro sotto l’altezza massima della diga, quest’opera (un secondo sfioratore gemello si trova sul versante situato in Nevada) ha lo scopo di non far tracimare l’acqua dalla chiusa stessa nell’ipotesi che il livello del lago fosse troppo alto.
Ciò avviene intercettando l’eventuale eccedenza per confluirla in un canale costruito a “V” che la convoglia qui sotto, dove un gigantesco tunnel di una quindicina di metri di diametro ed estremamente ripido, la scarica ai piedi della diga.
Visto dalla strada, il foro è qualcosa che incute timore, una specie di scivolo gigante, estremo e buio che t’inghiotte nelle viscere della montagna, a maggior ragione se lo si confronta con le dimensioni delle auto che transitano sul ponte sovrastante.







Con un pizzico di fantasia non è difficile immaginarlo pieno di acqua che s’incanala qui dentro, con una pendenza iniziale quasi verticale ed una forza inaudita.
Fortunatamente questa circostanza si è verificata solo due volte: una nel 1941, in occasione di un test e una nel 1983 a causa di inondazioni.
Pur avendo funzionato a dovere fin dall’inizio, gli sfioratori sono stati leggermente modificati, lisciando a specchio il cemento, per evitare i danni dovuti all’abrasione e soprattutto i fenomeni di cavitazione, cioè la formazione di bolle di vapore che implodono con forza esplosiva e che possono danneggiare i materiali attigui.
Sono stati introdotti anche dispositivi che rallentano e riducono la portata dell’acqua.
Per avere un’idea delle forze in gioco, basti pensare che l’acqua percorre il tunnel dello sfioratore ad una velocità che può raggiungere le 120 miglia/ora (circa 190 km/h) con un flusso massimo di 5.700 metri cubi /s, cioè più di tre volte la portata media del fiume Po alla foce.
Numeri esagerati, ma degni di un’opera incredibile per genio, tecnologia e bellezza che richiama oltre un milione di visitatori all’anno più quelli in transito.


  

lunedì 16 maggio 2016

La visita alla Hoover Dam




# 27

Intanto, mentre con l’auto percorriamo prima la highway 95 e poi la 93, ci lasciamo in fretta alle spalle Las Vegas, pur constatando che è molto espansa in ogni direzione e consideriamo che, più ancora che per l’energia elettrica, la città in buona parte dipende dai rifornimenti idrici che derivano dal bacino formato a monte dalla Hoover Dam.
Pochi decine di minuti dopo raggiungiamo Boulder City: non ha più nulla a che fare con quella cittadina fondata apposta per accogliere le maestranze occupate alla costruzione della diga, anzi, stupende villette, basse, ordinate, costruite sul declivio naturale che conduce al lago, la rendono un luogo residenziale molto accogliente anche per il suo scenario.






Attraversiamo alcune vie e vediamo prati coltivati ben tenuti davanti alle case, anche qui il deserto ha dovuto compiere un passo indietro per mano dell’uomo e del suo lavoro.
Sullo sfondo vediamo il lago Mead: questo è il nome del bacino creato dallo sbarramento della diga di Hoover sul fiume Colorado.
Si presenta molto allungato, vagamente a forma di Y, ha una superficie poco meno ampia del doppio del lago di Garda e, a causa di un profilo molto irregolare determinato dalle numerose vallate allagate, ha uno sviluppo costiero maggiore di 1.000 chilometri.
Oltre alle funzioni per le quali fu realizzato, ora è anche utilizzato come area ricreativa e luogo di vacanze, qualcosa di enorme, sicuramente all’altezza di un opera come la Hoover Dam.
Non trascorrono molti minuti quando la highway s’interrompe costringendoci ad un percorso tortuoso: è il segnale che stiamo arrivando alla diga. (Ricordo che il racconto si riferisce all’anno 2009, quando il bypass autostradale era ancora in costruzione)
I rallentamenti sono inevitabili, un po’ per la strada con molte curve che raggiungerà la diga, un po’ per il traffico e un po’ perché la Polizia, anche se con discrezione, dà un’occhiata alle auto in transito, senza fermarle, perchè la Hoover Dam è considerato un obiettivo a rischio dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 alle torri del World Trade Center di New York e al Pentagono.
La strada, che da queste parti unisce lo stato del Nevada con l’Arizona, in questo momento transita proprio sopra la diga che, oltre al resto, assume la funzione di ponte.
E’ facilmente intuibile cosa significherebbe un attentato qui.
Finalmente la raggiungiamo e inevitabilmente, come tutti, durante il transito rallento ulteriormente, sia per motivi di traffico, sia per dare una prima occhiata attorno, anche se non si vede molto.
Il suo attraversamento sancisce anche il nostro ingresso nel terzo stato che tocchiamo in questo viaggio: l’Arizona, facilmente soprannominato come il Grand Canyon State.
Parcheggiamo l’auto e scendiamo per andare a vedere questo luogo con i nostri occhi.
Basta aprire la portiera per far “sciogliere” un po’ del nostro entusiasmo: nonostante qualche nuvola, siamo attorno a mezzogiorno e l’aria è rovente; percorriamo all’indietro poche centinaia di metri attraversando la diga a piedi fino a raggiungere il palazzo della mostra, collocato nel territorio del Nevada, dove un termometro indica già 41 gradi.

  
Vediamo una scultura dedicati agli “high scalers” (operai scalatori di quota) e comincio a capire cosa abbia significato lavorare qui con martello, piccone, dinamite e cemento, soprattutto in fondo al canyon dove le temperature sono anche molto più alte.


Percorriamo il marciapiedi sul lato nord-est e abbiamo la vista del lago Mead, o almeno di quella piccola frazione che si scorge.
Si nota subito che, fino ad una certa altezza, le rocce che costituiscono le sue sponde sono bianche, segno che in questo momento le acque del lago sono più basse rispetto alla soglia del massimo livello.
In ogni caso, un po’ la stagione, un po’ la siccità, un po’ l’evaporazione, ma soprattutto il consumo d’acqua per le varie attività, (energia elettrica compresa) producono l’effetto che il fiume Colorado, come immissario, non sia sempre in grado di compensare quanto esce dal bacino.
Sempre su questo lato sono visibili le quattro torri che prelevano l’acqua e la conducono alle sottostanti turbine che generano la corrente elettrica.









Ora attraversiamo la strada e ci sporgiamo sul lato opposto, secondo me ancora più spettacolare.