martedì 27 gennaio 2015

Aphrodite's Child - Demis Roussos - It's Five o'Clock

Quando uscì It's Five o'Clock ero un ragazzo, cercavo di tradurre il testo della canzone dall'Inglese come esercizio linguistico utile alla materia scolastica stessa.

La fatica, causata da un uso intensivo del vocabolario, diventava un piacere perché il brano era particolarmente famoso e coinvolgente.

La melodia, costruita con assonanze folk greco-mediterranee, contrastava con il pop ed il rock anglosassone ed esprimeva una poesia, forse un po' nostalgica ma, musicalmente parlando, molto intensa.

Nel 1969 Il brano scalò rapidamente la vetta di Hit Parade, la mitica trasmissione radiofonica che veniva trasmessa ogni venerdì (mi pare alle 13.00) per radio da Lelio Luttazzi.

Quando scese dai primi posti della classifica rimase un Cult musicale anche negli anni successivi, perché era una musica senza tempo, merito soprattutto  dell'esecuzione del cantante degli Aphrodite's Child, Demis Roussos e del tastierista Vangelis Papathanassiou, un "mostro sacro" del quale, a titolo di esempio, si può ricordare il tema principale del film "Momenti di gloria".

Il testo, cantato in Inglese per poter essere facilmente comprensibile a tutti, racconta dell'introspezione mentale di un uomo che si specchia nel vetro di una finestra, che fatica a riconoscere se stesso  e che cammina da solo alle 5 del mattino per le strade di una città deserta alla ricerca di nuove speranze e di sogni da realizzare.

E' un bilancio della vita che, una volta tradotto il testo, mi fece riflettere molte volte sulla finalità della nostra esistenza, sulle nostre aspettative e sulla capacità di realizzare i nostri sogni e desideri nonostante le pause di arresto che capitano nella vita.

Un'altra ragione per cui questa canzone divenne un brano senza tempo credo sia dovuta al fatto che si trattava di un "lento" facilmente ballabile da tutti (persino da me:-)) durante la cui esecuzione era bello stringere la ragazza che ballava con te e lasciarsi trasportare mentalmente.

Non buffo, ma mi sembra incredibile e mi vengono davvero i brividi pensando che proprio sabato scorso stavo riascoltando questo brano mentre guidavo l'auto e mentalmente facevo le considerazioni che ho appena scritto.

Mi chiedevo se fosse il caso di mettere nero su bianco riguardo qualcosa che forse non interessava a nessuno, ma che sentivo essere emozioni profonde a me appartenute.

Un paio di ore fa di oggi, 26 gennaio 2015, ho appreso con stupore e dispiacere della morte di Demis Roussos, avvenuta nella notte tra sabato e domenica, per cui mi sono sentito " obbligato", anche se fatto con estremo piacere, dedicargli un tributo personale, a quello che probabilmente è stato il suo successo discografico più clamoroso, una musica, una poesia, una melodia che, sono certo, non moriranno mai.

venerdì 9 gennaio 2015

Dunottar Castle

Inizio


# 13

Siamo nuovamente in strada e ripercorriamo all’indietro gli ultimi 30 km fatti.
La sensazione provata ieri di esserci sperduti nel nulla è sparita perché, alla peggio, questa sera torneremo nello stesso alloggio appena lasciato.
Mi guardo un po’ attorno mentre guido rilassato e constatiamo che il verde della regione scozzese dell’Aberdeenshire assomiglia molto alla campagna inglese: piccole alture sfumate e prati verdissimi a perdita d’occhio.

L’ambiente è piacevole e distensivo, per ora non abbiamo incontrato i paesaggi aspri e selvaggi che immaginavo di vedere.

Raggiungiamo il Mare del Nord e poi il castello di Dunottar.

Dominano ancora le nuvole e la foschia, ma s’intravvede qualcosa di più, quanto basta per giustificare la visita.

Qualche passo a piedi per raggiungere il sito, poi mi accorgo che se a volte l’uomo è in grado di modificare la natura, in questo caso è stata la natura ad indurre l’uomo a costruire questa fortezza.

Voglio dire che in questo posto non poteva sorgere altro che un castello o una roccaforte.

Ormai è in rovina e restano solo alcune mura edificate su una radura erbosa collocata in cima ad uno sperone di roccia che penetra nel mare.

Un sentiero si addentra nel profondo verde prima di raggiungere il castello che, circondato per tre lati da un burrone, sembra ancora più slanciato di quanto non sia in realtà.

La visibilità limitata e le scogliere rendono il luogo ancora più suggestivo e inquietante.

Il contrasto d’immagine è evidente: da una parte prati verdissimi che sembrano campi da golf e, di contro, scogliere ripide su un mare mosso, grigio e tetro come il cielo, mucche al pascolo, due gabbiani che tubano nel loro nido d'erba soffice costruito tra le rocce e poi un sentiero che, per mezzo di un ponte di legno, attraversa un piccolo ma ripido ruscello le cui rive sono colorate con il giallo delle ginestre.










Alcune insegne descrivono parti della sua storia raccontando di sanguinose battaglie consumatesi qui.

Vedendo la sua spettacolare posizione, non mi stupisco che Dunottar Castle venne assediato più volte, ma fu conquistato soltanto dalle cannonate degli Inglesi di Oliver Cromwell.

In questo luogo William Wallace diede fuoco ad una cappella piena di soldati inglesi.

Sempre a Dunottar, considerato il luogo più sicuro del Regno, furono conservati i gioielli della corona di Scozia, ma fu anche qui che vennero imprigionate 167 persone in condizioni squallide per essersi rifiutate di abiurare la propria religione.

Soddisfatti di questa visita ci allontaniamo dal castello e riprendiamo, ormai per la terza volta, la strada che ci riporta a Banchory, dove arriviamo in tarda mattinata.

Poiché è presto  decidiamo di proseguire, non sappiamo bene fin dove, forse arriveremo ad Inverness, ma lungo questa strada dovremmo trovare il Cairngorms National Park nel cui interno si trova anche il Castello di Balmoral.










 

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