# 32
Riprendiamo la strada che
sale lentamente, ma soprattutto vediamo che attorno a noi non c’è nulla tranne
l’ambiente del deserto; i rari cartelli che troviamo ci confermano di volta in
volta l’esattezza della direzione.
La cosa poi si fa quasi
inquietante quando, ad un certo punto, la strada cessa di essere asfaltata
trasformandosi in un largo e polveroso tracciato.
Non sappiamo dove siamo, ma
siamo fiduciosi vedendo che davanti a noi alcune auto procedono nella nostra
direzione.
Incrociamo anche dei “Caterpillar”
adibiti alla movimentazione del suolo e capiamo che la strada per raggiungere
la destinazione è ancora in fase di perfezionamento.
Dopo qualche chilometro
finalmente torna il manto asfaltato e poco più in là un cippo ci indica che
stiamo entrando nella Nazione degli indiani Hualapai e siamo al Grand Canyon
West, buon segno: ora siamo davvero vicinissimi alla meta.
Non sappiamo ancora cosa ci
attende, ma intanto notiamo che la strada diventa pianeggiante e in lontananza
scorgiamo dei vuoti nella visuale che ci inducono a pensare che lì ci sia
davvero il Grand Canyon.
Siamo elettrizzati mentre
raggiungiamo un parcheggio, attorno al quale vediamo una pista aeroportuale ed
elicotteri a terra.
La strada termina qui,
abbiamo davanti a noi parecchio tempo per cui incominciamo ad organizzare i
prossimi movimenti.
Ogni accesso ulteriore è
sbarrato o non consentito, di conseguenza entriamo nel Visitor Center,
cerchiamo di riordinare un po’ le idee e acquistiamo i biglietti per l’entrata.
Al banco vediamo solo Nativi
Americani, di conseguenza immaginiamo che il tutto sia gestito da loro, del
resto siamo nel loro territorio.
All’uscita, pochi minuti dopo,
ci attende un pullman che carica i turisti, poi percorre un paio di chilometri
durante i quali tutte le persone cercano di guardare fuori dai finestrini perché
si intravede il Canyon, sempre più vicino.
Ad un certo punto l’autista
ferma il mezzo e ci dà la possibilità di scendere.
Nel frattempo abbiamo
compreso che i mezzi sono molti e compiono un percorso circolare e continuo; in
conseguenza a ciò, è possibile fermarsi nella località tutto il tempo che si
desidera e riprendere successivamente il percorso.
Eccoci arrivati a “Eagle
Point”, percorriamo pochi passi e finalmente possiamo affacciarci sul Grand
Canyon del Colorado realizzando un sogno che desideravamo da molto tempo.
Qui il suolo è costituito da
terriccio rossastro e rocce pianeggianti che prendono il sopravvento mentre ci
si avvicina al bordo.
In qualche punto alcune funi
delimitano la zona da non oltrepassare, ma in altri non c’è nessuna protezione:
solo la paura di cadere ti fa avanzare con estrema cautela nelle vicinanze
dello strapiombo.
Insieme a noi, decine di
persone si accostano al ciglio con prudenza perché, nonostante le vertigini,
più ti avvicini al limite, maggiore è la visione della spaccatura del Grand
Canyon e l’angolo di visuale dell’ambiente sottostante.
Da qui si gode di una vista
unica, sia in larghezza che in profondità.
La natura ha fatto davvero le
cose in grande: le rocce sono colorate a strati e il profilo irregolare del
Canyon esaltano uno scenario che ha dell’incredibile.
La fenditura su cui ci si
affaccia Eagle Point è una fra le tante appena laterale rispetto al percorso
del fiume Colorado che si può vedere a poco più di un chilometro di distanza.
Esattamente sotto la nostra
verticale invece, siamo a circa 1450 metri di altezza, ci sono una paio di
centinaia di metri in caduta libera, poi il burrone degrada con una pendenza
ripidissima fino al fiume Colorado che si trova circa 1200 metri più in basso.
L’altra sponda del Canyon è
situata a 4 o 5 chilometri da qui facendo risaltare il paesaggio e tutta la
potenza del fiume che nel tempo si è scavato così profondamente il suo letto.
In fianco a noi sorge il
Grand Canyon Skywalk.